La Signora Dalloway (Mrs Dalloway, nella versione originale) viene pubblicato per la prima volta nel 1925 ed è una delle opere più conosciute e apprezzate di Virginia Woolf. Ambientato nell’Inghilterra del primo dopoguerra, il romanzo affronta – attraverso l’ambigua figura di Clarissa – alcune tematiche decisamente tabù per l’epoca e a oggi incredibilmente attuali, come le relazioni omosessuali e le opprimenti aspettative che la società nutre nei confronti delle donne.
Il romanzo è ambientato in un giorno di giugno del 1923; Clarissa Dalloway è intenta nei preparativi per una festa che si terrà la sera stessa. Attraverso la tecnica del flusso di coscienza, così cara all’autrice, e di numerosi flashback, la storia viaggia in avanti e indietro nel tempo e dentro e fuori la mente dei personaggi descrivendo la vita della protagonista e la rigida struttura sociale inglese al domani della Prima guerra mondiale.
Proprio questo clima di repressione condiziona fortemente Clarissa che si trova lacerata tra i sentimenti che prova dentro di sé e ciò che proietta al di fuori:
«Si sentiva assai giovane; e al tempo stesso, indicibilmente attempata. Penetrava attraverso la vita come una lama di coltello; e al tempo stesso restava al di fuori, spettatrice.»
Fin da subito è evidente una componente di dualità espressa dai binomi giovinezza e vecchiaia, interiorità ed esteriorità, dimensione privata e dimensione pubblica. Clarissa si trova nel mezzo, insoddisfatta, a disagio persino nel suo stesso corpo, con un nome (quello del marito) in cui stenta a riconoscersi:
«Come Lady Bexborough avrebbe voluto esser lenta di movenze, e altera; piuttosto ampia di forme. (…) E invece aveva una figurina magra come una pertica da fagioli, e una ridicola faccetta con un nasino a becco d’uccello. (…) Essere la signora Dalloway; neppur più Clarissa; solo la moglie del signor Richard Dalloway.»
Eppure, da fuori, con il suo atteggiamento snob (sposa Richard Dalloway perché ricco e di buone maniere) incarna alla perfezione l’ideale della società inglese di inizio Novecento; persino nel bel mezzo del viavai cittadino è una perfetta donna di mondo, mantiene una calma solenne, una bellezza graziosa malgrado l’avanzare dell’età, il contegno di una signora d’alta classe.
Ciò che rende questo romanzo così moderno e coinvolgente, tuttavia, è il lato nascosto di Clarissa Dalloway. Dietro il suo apparente conformismo infatti, si nasconde una personalità divisa, tormentata. La sua stessa anima è descritta come una boscaglia rigogliosa in cui un mostro (la depressione, di cui la stessa Woolf aveva sofferto) pianta le unghie. Ella è perennemente sull’attenti, terrorizzata da un
«odio che, specie dopo la sua malattia, aveva il potere di farsi sentire come uno sgretolio, un formicolio lungo il filo della schiena, fino ad assurgere a dolore fisico, e tutte le gioie della bellezza e dell’amicizia, tutta la soddisfazione del benessere materiale, di sentirsi amata, di abbellire la propria casa, minava e scuoteva sin dalle fondamenta».
Se l’autrice non affronta direttamente il tema della depressione, è invece molto schietta per quanto riguarda il rapporto tra Clarissa e Sally Seton. È qui infatti che il romanzo si dimostra così attuale, così profondo per il modo in cui Woolf descrive le relazioni omosessuali sfidando i pregiudizi dell’epoca e trattandole con la stessa dignità delle relazioni sessuali convenzionali.
Clarissa non è semplicemente attratta dalle donne, è apertamente bisessuale; è una donna sposata con due figli ma da sempre prova una fortissima attrazione per l’amica. Attrazione disapprovata dalla società del tempo, rigida, sessista e discretamente misogina, tanto che sarà proprio un uomo, Peter, a interrompere bruscamente l’idillio tra lei e Sally:
«Gli altri erano scomparsi; lei era sola con Sally. Venne, allora, il momento più delizioso di tutta la sua vita; quando passarono davanti a un’urna di pietra piena di fiori. Sally si fermò, spiccò un fiore, lo portò alle labbra e lo baciò. Ora il mondo intero crollava! Quando si trovarono faccia a faccia col vecchio Joseph e con Peter. “Contemplate le stelle, eh?” disse Peter. Fu come aver picchiato la testa contro un muro di granito, nel buio! Fu un colpo; una doccia d’acqua fredda. Non per lei. Ma ella sentiva che già Sally veniva guardata in cagnesco, e trattata male; sentiva l’ostilità di Peter, la sua gelosia; egli s’era messo in testa di insinuarsi nella loro amicizia.»
Il momento esclusivamente femminile, romantico, quasi erotico, viene bruscamente interrotto dall’intrusione maschile, dalla gelosia di Peter che impersona il giudizio della società, che con il suo sarcasmo le colpisce in maniera quasi fisica, punisce il loro isolamento e i sentimenti che provano l’una per l’altra.
Clarissa è irrimediabilmente attratta da quel sentimento, dal ricordo di quell’amore così puro, tuttavia lo rifiuta per preservare la maschera che si è costruita negli anni; Sally vive a Manchester, ha sposato il proprietario di alcune cotonerie, ha avuto cinque figli e, in sostanza, non è all’altezza dell’amica, troppo snob per abbassarsi a mantenere un simile rapporto. Eppure è proprio questa altezzosità che provoca frustrazione nella protagonista, la fa sentire in gabbia: è una donna dell’alta società inglese, organizza ricevimenti grandiosi eppure… eppure non è libera di vivere la sua sessualità, ha perso la propria identità rinunciando al suo nome per quello del marito; si è, di fatto, costruita una meravigliosa gabbia dorata ed è perfettamente consapevole di quanto le vada stretta. Ma, come dice Sally alla fine del romanzo, «Che cosa siamo tutti, se non dei prigionieri?»
Parlare di tematiche quali l’omosessualità, l’identità di genere, la parità tra i sessi è un tabù nell’Inghilterra del primo Novecento e Woolf tratta l’argomento in modo profondo, attuale e mai semplicistico. Attraverso l’attrazione sessuale per Sally, Clarissa rifiuta non solo i dettami della società ma anche una rigida identità di genere, si trova in un limbo. È androgina nell’aspetto e nella relazione con l’amica, ma femminile nel suo matrimonio e nel ruolo di madre.
Grazie all’identità fluida di Clarissa, Virginia Woolf critica i ruoli sociali rigidamente predefiniti e sembra suggerire che la signora Dalloway viva la sua femminilità quasi come una performance, un’esibizione per essere accettata (e approvata) da chi la circonda.
V. Woolf, La signora Dalloway, Feltrinelli, 2013
A. Ronchetti, The Artist, Society, and Sexuality in Virginia Woolf’s Novels, Routledge, 2004
A. Zwerdling, Virginia Woolf and the Real World, University of California Press, 1986