Oggi parliamo di un aspetto particolare della storia. Un punto di vista fatto di intrighi amorosi, di segreti misteriosi e ideologie. Se non fosse che riguardi uno degli episodi più terribili dell’intera umanità, oseremmo definirlo quasi surreale. Una storia come ce ne sono poche, per fortuna, ma che tocca l’interesse di chi ama la musica ed è appassionato di storia. Stiamo parlando dei gusti musicali del Führer Adolf Hitler.
Ma facciamo un passo indietro di circa ottant’anni, prima della venuta del Terzo Reich e della salita al potere del dittatore tedesco nel 1933. Per la precisione nel 1850, quando in un music magazine tedesco, ovvero il Neue Zeitschrift Für Muzik, fu pubblicato un saggio, Das Judenthum In Der Muzik (propriamente ”l’ebraismo nella musica”), firmato con il nome di K. Freigedank, in cui si espone in 33 volumi l’ebraizzazione della musica tedesca, promuovendone Untergang e Vernichtung, ovvero la ”rovina e annulamento”. Potrebbe essere il pensiero di un critico musicale promosso attraverso una piccola rivista tedesca, la quale andrà a chiudere i battenti nel 1868, ma non è così.
L’anno successivo, il 1869, fu ripubblicata una versione più estesa del saggio, stavolta firmata con il vero nome dell’autore, ovvero il compositore romantico Richard Wilhelm Wagner. Giusto per curiosità, lo pseudonimo con cui si era firmato precedentemente significava K. FreeThought, ovvero ”pensiero libero”. Nell’opera egli attacca tutto il popolo ebreo, accusandolo in modo pregiudizioso di carenza di originalità e di imitare l’arte europea a causa del suo non essere inserito in un contesto storico-nazionale. Ritenendosi, al contrario, cittadino del mondo moderno, Wagner si scaglia in particolare contro Giacomo Meyerbeer e Felix Mendelssohn, entrambi compositori romantici e contemporanei di Wagner, di origine ebraica.
Che dire, dei buoni presupposti per rientrare di diritto nella playlist Spotify del futuro gerarca nazista. Ma questo non fa di Wagner un precursore delle ideologie naziste. Egli incarna l’aspetto romantico del suo tempo, un uomo libero di esprimere le proprie idee e sentimenti senza dover seguire delle regole prestabilite (come nel Classicismo), nella musica come anche nella sfera sociale. Se in alcune sue opere eleva ai massimi livelli il popolo tedesco, come nell’opera Der Ring Des Nibelungen (L’Anello dei Nibelunghi), per risvegliarlo dall’apatia in cui è sommerso e auspicando a una razza superiore, in altre tratta o cela un lieve riferimento alla cultura ebraica, come per i fratelli nibelunghi Alberich e Mime, il censore Beckmesser de I Maestri Cantori di Norimberga, la Kundry del Parsifal o un’opera rimasta incompiuta sul re dei Giudei Jesus Von Nazareth. Pensieri che vanno aldilà del buon senso e che perdono credibilità poiché il compositore, sia nelle sue opere liriche che nel trattato, cade in contraddizione per via dell’estesa argomentazione dei suoi pensieri.
Ma il popolo tedesco dell’epoca era molto suscettibile e propenso a interpretare le cose così per come erano scritte, in senso letterale e non spirituale. Wagner morì nel 1883 e tutto il suo patrimonio artistico fu affidato alla famiglia, che in particolare si occupò dell’organizzazione del festival in suo onore, il Bayreuther Festspiele a Bayreuth, in Baviera, istituito nel 1876 quando ancora era in vita.
Andiamo avanti spediti per arrivare al 1906, quando un giovane studente, di nome Adolf Hitler, compie un viaggio a Vienna per iscriversi all’Accademia delle Belle Arti. In questo periodo avvenne una svolta cruciale per l’allora ragazzo quando, presso l’Opera di Corte di Vienna, assistette al Tristan und Isolde di Wagner diretto da Gustav Mahler, compositore e direttore d’orchestra austriaco di origine ebraica, con le scenografie dell’artista Alfred Roller. Quest’opera, composta nel 1856, segnò radicalmente la vita di Hitler.
La sua devozione per il compositore tedesco fu totale e gli scritti antisemiti fomentarono il suo interesse. Ma ci sono anche dei risvolti da tenere conto. La famiglia di Wagner, per la precisione la vedova del figlio di Wagner Winifred Williams Wagner e la cognata Eva Wagner fecero proprie le idee del defunto compositore per compiacere il futuro capo di stato tedesco. Arriviamo al 1923. Winifred lo invita apertamente al festival di cui è l’organizzatrice ma poco dopo è costretta a fargli visita in carcere: entrato da qualche anno in politica a capo del Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori, Hitler, dopo qualche birra bavarese, improvvisa a Monaco un colpo di stato, il cosiddetto Putsch di Monaco, che lo condurrà soltanto in prigione come cospiratore. Proprio qui la donna cerca di dargli conforto e gli passa un po’ di carta, la stessa nella quale scriverà il suo Mein Kampf. Adolf, molto vicino alla famiglia Wagner, ne divenne a tutti gli effetti membro dopo che la figlia minore del compositore, Eva, sposò l’intelletuale inglese K. S. Chamberlain, noto per aver scritto nel 1899 un saggio sulla superiorità tedesca. Grazie a lui Hitler diventò parte integrante della famiglia. Anche dopo le atrocità del nazismo, Winifred all’età di 69 anni non perse la sua ammirazione e attrazione per lui.
Una dei pochi parenti, se non l’unica, che riuscì a salvarsi da questa pericolosa amicizia fu Friedlin Wagner, che fuggì dalla germania nazista dopo le leggi razziali del 1933 insieme ad alcuni artisti di origine ebraica come Otto Klemperer, Bruno Walter e Fritz Busch. Nelle sue memorie scriverà: “Ai miei due padri, Siegfried Wagner e Arturo Toscanini”, il quale la aiutò nella fuga verso gli Stati Uniti D’America. I giochi erano conclusi. Una volta presi i poteri a tutti gli effetti, nel 1933, Hitler riuscì ad imporre persino i suoi gusti musicali. Il festival di Bayreuth divenne meta di pellegrinaggio per giovani ariani. Le opere di Beethoven, Brucker ma soprattutto Wagner erano eseguite ovunque, poiché erano adatte ai sontuosi raduni militari ma soprattutto esaltavano lo spirito tedesco. Molti artisti e compositori fuggirono dalla Germania nazista o assecondarono il regime, come per esempio Richard Strauss, il quale si sottomise al governo per preservare la sua famiglia. Nonostante ciò fu in seguito licenziato, ma non perseguito poiché la sua fama e bravura erano affermate in tutta la Germania, dopo aver detto:
“Ai miei occhi esistono solo due categorie di persone, quelle che hanno talento e quelle che ne sono prive, e ai miei occhi il Volk esiste soltanto nell’istante in cui diventa il pubblico.”
Dichiarazione inaccettabile alle orecchie dello Stato.
In questo periodo era la politica ad ispirare lo status artistico. C’è anche spazio per le donne, quando nel 1943 si istituì l’orchestra femminile del regime, diretta da Alma Rosè, nipote di Gustav Mahler. Esatto, di origine ebraica. Ma sono dettagli.
Wagner era ossessionato dal dubbio di avere discendenze ebraiche. Il padre naturale Carl Friedrich Wagner morì subito dopo la nascita del piccolo Richard e, ormai vedova, la madre Johanna Rosine Pätz si risposò con il poeta e attore Ludwig Geyer, di origine ebraica anche se non del tutto confermata. I due probabilmente si frequentavano già prima che il piccolo venisse al mondo e il dubbio di essere dunque frutto di tale sospettata relazione tormentò il suo genio per l’intera vita.
Egli, in sostanza, cercò di stimolare il popolo tedesco ad esaltarsi nell’arte.
Il risultato che ottenne Hitler, ispirato dalle opere del compositore, fu quello di censurare ciò che divergeva dal proprio gusto, come il jazz che spopolava oltre oceano, e distruggere il processo artistico, rendendolo schiavo e monotono, spegnendo le note di artisti che incarnavano l’ideale di libertà intellettuale.
”Wagner music is better than it sounds”
Edgar Wilson Nye
FONTI
Carlo Alberto Defanti, Richard Wagner. Genio e antisemitismo, Lindau, 2012