Il binomio farmaci – fantascienza non è così infrequente in letteratura; del resto la mente è un universo in gran parte sconosciuto e l’idea di controllarla e alterarla non può non stimolare la creatività letteraria appunto in senso fantascientifico.
La storia degli psicofarmaci registra le sue prime tappe già a partire dall’Ottocento: calmanti e laudano sono molto diffusi, così come la cocaina, che viene utilizzata persino per lenire il mal di denti. Dal Novecento in poi, si diffondono anche eroina e amfetamine, che venivano assunte in dose massiccia da kamikaze e soldati prima di entrare in azione – lo stesso Hitler ne faceva uso durante la Seconda guerra mondiale. Più tardive sono le prime tappe della loro storia letteraria, soprattutto quando si parla di farmaci d’invenzione.
Il caso più celebre è sicuramente quello del Soma de Il mondo nuovo di Huxley. Il contesto in cui viene creato e pubblicato il romanzo è quello degli anni Trenta, della diffusione della Ford T e della produzione tramite catena di montaggio. L’impatto è tale su Huxley che, nel suo romanzo, immagina che a nascere in serie siano gli esseri umani; nel mondo che crea il sesso è solamente un’attività ricreativa, non esistono malattie, non esistono guerre, non esistono nemmeno le emozioni. La società, del resto, deve rimanere stabile, deve essere tenuta sotto controllo, e l’emozione non lo permette. Di qui il condizionamento dei bambini, e anche la messa a disposizione del Soma, che narcotizza e irretisce i sensi fino a conferire la completa stabilità emotiva. «Comunità, identità, stabilità»: questi sono i principi sui quali si regge il mondo ipotizzato da Huxley, grazie a droghe e consumismo.
Il discorso portato avanti da Huxley è decisamente progressista per gli anni in cui scrive; con il passare del tempo la situazione reale si avvicina gradualmente alla sua visione: negli anni Cinquanta, gli psicofarmaci vengono immessi sul mercato e il loro tasso di consumo cresce a dismisura. Sono utilizzati persino per calmare l’astinenza da eroina, e le amfetamine sono di uso comune fra le personalità di spicco del momento: Elvis, Kennedy, Janis Joplin. Anche in letteratura la presenza di droghe e psicofarmaci si fa sempre più massiccia, sia nella vita letteraria dei personaggi proposti dagli scrittori di fantascienza, sia nella vita reale degli scrittori stessi… Philip K. Dick, Arancia meccanica, il Ciclo di Dune, Asimov…
Il ’63 è l’anno di immissione del Valium nei circuiti commerciali. Il farmaco è conosciuto come «mother’s little helper», il piccolo aiutante delle madri, e i tassi di vendita sono altissimi. È in questo contesto che De Lillo produce Rumore bianco. Protagonista è Jack, la cui quotidianità è divisa fra impegni familiari e lavoro in università; finché lui e la famiglia non vengono colpiti da una nube tossica, e il terrore della morte di Jack diventa orribilmente reale. Si dà però il caso che la moglie di Jack si presti proprio a uno studio su un farmaco sperimentale volto a limitare il timore della morte. Si tratta del Dylar; Jack farà di tutto per procurarselo. Anche la fantascienza di De Lillo, come del resto in parte quella di Huxley, è volta a portare avanti un discorso sul consumismo, che, insieme alle droghe, è l’unica possibilità per l’uomo di sentirsi realmente vivo: è con il consumo che si combatte la sensazione di essere insignificanti, è con il consumo che si acquisisce potere.
In tempi più recenti, la letteratura ha invece prodotto esempi di droghe di invenzione che non annebbiano la mente nel senso canonico, non infondono coraggio o limitano le paure, ma agiscono secondo altre modalità. È il caso di Albertine, lo psicofarmaco creato dalla penna di Rick Moody nella raccolta di racconti Tre vite. L’influenza, questa volta, è quella del tragico episodio delle Torri Gemelle: poco dopo l’attentato dell’11 settembre, Moody nota che i passeggeri del vagone della metropolitana sul quale sta viaggiando distolgono lo sguardo nel momento in cui il treno transita davanti al luogo in cui sorgevano gli edifici, come se non guardando gli effetti prodotti dall’attentato questo non fosse mai avvenuto, negando in tal senso quanto successo. L’atmosfera ritorna nel racconto Albertine, appunto: in una New York post apocalittica, Albertine è uno psicofarmaco che permette di rivivere dei momenti del passato nella loro interezza, con tanto di emozioni e sensazioni fisiche. Si tratta di una droga che a tutti gli effetti dovrebbe consentire a chi ne fa uso di rifugiarsi in momenti felici, ma che di fatto risulta difficile da controllare, tanto che uno dei personaggi del racconto rivive continuamente il tradimento da parte della moglie.
Nel corso degli anni, la fantascienza si è rivelata un terreno fertile per l’indagine sul controllo della mente, dei comportamenti, delle emozioni, tramite farmaci e droghe da parte di altri o dei soggetti che decidono di assumerli. Spesso il quadro che ha delineato non è così lontano dalla realtà, e, senza dubbio, molto ha ancora da dire anche su altre questioni. Del resto, l’attualità dei racconti di Philip K. Dick o il recente successo de Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood la dicono lunga in proposito.
Prozac. Don’t panic! It’s just panic, Quarta di copertina, 19/11/2017, Bookcity Milano 2017