Nicola II salì al trono di Russia nel 1894, dopo la morte del padre Alessandro III. Era descritto come un uomo limitato, privo di immaginazione e indeciso in modo cronico. Dal 1904 al 1905 combatté e perse una guerra contro il Giappone, con un conseguente calo di prestigio sia in patria sia all’estero. Nel 1905 una rivolta interna lo costrinse a reintrodurre la duma, un corpo legislativo eletto. Poi nel 1914 scoppiò la Prima guerra mondiale dove Nicola guidò il suo popolo in un conflitto che avrebbe esaurito le risorse della nazione e sarebbe costato milioni di vite. Nonostante tutto, lo zar rimase cieco alla propria crescente impopolarità, convinto che il popolo lo amasse ugualmente.
Egli era un uomo molto legato alla famiglia. Aveva sposato Alessandra da cui ebbe quattro figlie: Ol’ga, Tat’jana, Marija e Anastasija e un figlio, Aleksej, che nacque per ultimo nel 1904. I Romanov erano una famiglia felice e unita. Alessandra, tedesca di nascita e nipote della regina britannica Vittoria, aveva un carattere forte. Il suo modo di fare introverso e distaccato le alienò le simpatie del popolo russo, che la vedeva come una estranea. A differenza del marito, la zarina si rendeva ben conto della propria impopolarità. Il piccolo erede al trono Aleksej era nato emofiliaco – problema che aveva ereditato dal ramo materno – e ciò si traduceva nel rischio che ogni attività o piccolo incidente avrebbe potuto scatenare catastrofiche emorragie.
La famiglia era molto vulnerabile e nel 1905 arrivò qualcuno in grado di sfruttare queste debolezze, si trattava di Grigorij Rasputin, nato nella Siberia occidentale, sedicente uomo di Dio, rinomato per il comportamento licenzioso e le abilità curative. I Romanov credevano ciecamente in lui: Rasputin ebbe una grande influenza sulla famiglia imperiale, soprattutto su Alessandra. La crisi politica con la rivoluzione che aveva quasi rovesciato la monarchia nel 1905 e l’emofilia di Aleksej gli permisero di insinuarsi in seno alla famiglia. Girava inoltre voce che con il suo comportamento depravato fosse arrivato fino a sedurre la zarina. Nicola ignorò le richieste di allontanarlo dalla corte e ciò gli fece perdere ancor più credito presso il popolo. Nel 1915 le perdite al fronte e la condotta di Rasputin, che venne assassinato nel 1916, misero i russi contro lo zar e la sua famiglia: i tempi erano maturi per una rivoluzione.
La Rivoluzione russa scoppiò nel febbraio 1917. Nicola II fu costretto ad abdicare diventando semplicemente Nicola Romanov. L’intera famiglia fu tenuta in ostaggio dai bolscevichi e mandata nel palazzo di Carskoe Selo. Per motivi di sicurezza, fu poi trasferita a Tobol’sk, a est dei monti Urali. Dopo un breve periodo trascorso in pace dalla famiglia, venne decretato che i Romanov dovessero essere uccisi perché simbolo supremo dell’autocrazia. La notte del 16 luglio 1918 fu inviato un telegramma a Mosca che informava Lenin della decisione. All’una e trenta del mattino vennero trasferiti nel seminterrato. Nicola guidò in cantina la propria famiglia e i quattro servitori rimasti con loro. Qui venne letta loro una dichiarazione preparata che li informava della fucilazione. Terminata la lettura le guardie cominciarono a sparare. Dopo venti minuti di puro orrore, l’intera famiglia e il seguito, colpiti da proiettili, armi da taglio o a mani nude, erano tutti morti.
Due corpi, quelli di Aleksej e Marija, furono scaricati e gettati nella foresta, gli altri nove furono cosparsi di acido, bruciati e sepolti in una fossa separata non molto lontana. La morte dei Romanov generò un’infinità di curiosità e misteri. Nei decenni successivi infatti spuntarono numerosi impostori, la maggior parte dei quali sosteneva di essere un sopravvissuto dei figli dello zar (ad esempio nel 1920 una donna disse di essere Anastasija). Nel 1991 alcuni scienziati tornarono sul luogo e esumarono i resti di nove persone, riconosciute come parte della famiglia e servitù. Nel 1998 questi resti furono sepolti nella cattedrale dei Santi Pietro e Paolo di San Pietroburgo, luogo tradizionale di sepoltura degli zar. Infine nel 2007 furono identificati grazie all’analisi del DNA Aleksej e Marija.
FONTI
Toby Saul, La tragica fine dei Romanov, in “National Geographic Storica”, n°113 (2018), pp. 106-121