Nell’immaginario collettivo occidentale, il Giappone ha da sempre indossato un vestito sconosciuto, quasi impossibile da comprendere. Un mondo lontano, irraggiungibile nella sua peculiare cultura e società. Il detto “tutto il mondo è paese” potrebbe bene o male adattarsi a ogni contesto culturale, persino a quello nipponico. Ciononostante, molte particolarità proprie di questa affascinate popolazione rendono il Giappone un Paese unico, intrigante, capace di stuzzicare la curiosità.
Per prima cosa, in Giappone si farà sicuramente colpo su qualcuno se si conosce il proprio gruppo sanguigno. I giapponesi, infatti, lo considerano alla stregua dei segni zodiacali, dunque a ogni gruppo sanguigno corrisponde un tipo di personalità. Inoltre, i gruppi AB e B non sono molto ben visti in quanto tipici della minoranza etnica Ainu, perciò si associano qualità caratteriali negative.
Una seconda curiosità è data dall’esistenza di “ombrelli di cortesia”. Se, per esempio, sulle strade di Tokyo o Kyoto inizia improvvisamente a piovere e non si è preparati, nei negozi o nelle stazioni si troveranno degli ombrelli che possono essere usati finché servono, dopodiché si possono lasciare in qualsiasi punto della città.
Inoltre, la società nipponica considera estremamente offensivo soffiarsi il naso in pubblico, sebbene non sia vietato. Non solo, altri motivi di disagio per i giapponesi possono essere lo scambio di effusioni amorose in pubblico o il mangiare per strada. Di contro, non viene considerato sgarbato sputare – anche fuori dai locali o sui mezzi pubblici – e hanno un’ottima considerazione del sudore, segno di sacrificio e dovere.
L’inchino è indubbiamente un carattere distintivo giapponese e di primo acchito non si fa caso alla sua inclinazione. Esistono tuttavia diverse tipologie di inchino, segno della grande importanza conferita a questo gesto. Troviamo, quindi, l’eshaku – un inchino di 15 gradi – usato per i saluti informali e per congratularsi; il keirei – inchino di 30 gradi – rivolto a chi si trova in un gradino più alto della scala sociale; e il saikeirei – inchino di 45 gradi – usato di fronte alle personalità più importanti come l’imperatore.
Infine, ogni lingua ha un suo vocabolario. Le parole sono gli strumenti1 per interpretare il mondo, per dare significato a ciò che si vede, per comprenderlo. Ogni singola parola si riferisce a qualcosa – un gesto, un’azione, un sentimento o anche un processo – che per prima cosa deve essere riconosciuta, se ne deve essere consapevoli e riconoscere la sua importanza, tanto da conferirle un nome. Così, nel vocabolario nipponico si possono trovare alcune interessanti e affascinanti vocaboli per i quali non esiste una traduzione italiana:
Komorebi: particolare effetto della luce solare quando passa attraverso le sottili e leggere foglie degli alberi.
Shibumi: bellezza poco appariscente; grande raffinatezza che si nasconde dietro un aspetto ordinario e comune.
Bakku-shan: una ragazza bellissima da dietro ma solo fino a quando non la si guarda in faccia.
Aware: sensazione dolceamara che si percepisce quando si sta vivendo un momento bellissimo che però si sa essere temporaneo e destinato a esaurirsi velocemente.
Age-otori: l’apparire meno belli dopo essersi tagliati i capelli.
Wabi-Sabi: accettare serenamente il naturale ciclo di vita e morte, consapevoli della transitorietà delle cose.
Hanami: godere della bellezza della fioritura degli alberi, in particolare di quella dei ciliegi.
E, dulcis in fundo:
Tsundoku: l’abitudine di comprare libri in maniera compulsiva.
FONTI
http://libreriamo.it/libri/8-cose-non-sapevi-sulla-cultura-giapponese/
http://libreriamo.it/libri/9-affascinanti-parole-giapponesi-che-in-italiano-non-esistono/
CREDITI IMMAGINI
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