Iperrealismo e surrealismo sono le due grandi caratteristiche della pittura di István Sándorfi.
Nel iperrealismo, nato intorno agli anni ’60, gli artisti cercano di improntare i loro quadri su una ‘raffigurazione fotografica’ mentre nel surrealismo, nato intorno agli anni ’20, gli artisti cercano di presentare e di rappresentare l’inconscio, di raggiungere uno stato conoscitivo ‘oltre’ la realtà (surrealtà).
L’attrazione dei dipinti di Sándorfi è proprio nella fusione di questi due stili, creando così un modo totalmente nuovo di fare l’arte che, come diceva Alberto Giacometti, non è riproducendo la realtà ma creando “una realtà della stessa intensità”.
Istvàn nasce a Budapest nel 1948. Suo padre era direttore dell’IBM ungherese e fu deportato insieme alla famiglia in un villaggio a causa della Repubblica Popolare d’Ungheria. La famiglia di Istvàn approfittò della rivoluzione ungherese per trasferirsi prima in Austria, poi in Germania e infine in Francia. A partire dal 1960, Istvàn si dedica alla pittura e al disegno, cercando sollievo alla violenza di cui era stato testimone e vendendo i suoi primi schizzi. Etienne, come era chiamato in Francia, si laureò presso accademie prestigiose dalle quali ‘non apprese nulla’, secondo sua testimonianza. Nei primi anni Sàndorfi si dedicò soprattutto ad autoritratti, concentrandosi poi, dal 1980, sui personaggi femminili.
Divenne un artista di fama internazionale, esponendo i suoi dipinti in numerose autorevoli gallerie europee e americane. In Ungheria ritornò con i suoi dipinti nel 2006, ottenendo, un grandissimo successo. István morì nel 2007 a Parigi. Come abbiamo detto, István mescola iperrealismo con il surrealismo: un’attenzione ai dettagli e ai particolari quasi eccessiva si contrasta con soggetti imperfetti, non finiti, rappresentazione eteree.
I risultati sono dipinti affascinati e tormentati, simili a delle fotografie, che suscitano la curiosità e la voglia di continuare a guardarli.
“L’arte rende tangibile la materia di cui sono fatti i sogni”.
FONTI
[/one_half]