Fontamara diventa un murales: 100 metri quadrati per un romanzo

Nelle ultime settimane ha fatto scalpore la straordinaria impresa avviata nel comune marsicano Aielli: scrivere su un muro di 100 metri quadrati l’intero romanzo di Fontamara (1933), di Ignazio Silone (alias Secondo Tranquilli, 1900-1978). Secondo il sindaco di questa piccola cittadina, questa avventura, oltre che un po’ folle, vuole essere un «omaggio a Silone nella sua terra, su una parete che guarda tutto il Fucino, a lui così caro da averlo scelto come luogo di sepoltura». La mastodontica opera è iniziata tra i primi di giugno e si prevede la sua inaugurazione proprio quest’estate. È stata realizzata da firme d’eccellenza nel campo artistico, quali Alleng, Ema Jons e Ambra Sbrama, i quali lavorano per circa dieci ore al giorno scrivendo ogni parola e virgola del celebre romanzo, che viene dettato ad alta voce.

Ma Fontamara non è solamente l’elogio alla terra natale di questo scrittore. Infatti la scrittura di Silone non nasce da un bisogno estetico, ma etico, in questo caso la volontà di dare un nome e una voce alle persone che lui chiama «cafoni»: contadini in condizioni di estrema povertà e miseria, privi di qualunque coscienza di classe e dunque alla mercé dei signorotti locali, dei moderni azzeccagarbugli e delle violenze di epoca fascista. Sono proprio gli inganni e i soprusi subiti da questa sfortunata comunità a essere argomento centrale del romanzo, articolato per bocca di tre narratori fontamaresi.

La volontà di dare vita a un affresco delle classi più svantaggiate però non si traduce affatto in un’esaltazione del popolo di stampo populistico: lungi dall’incoraggiare il mito della bontà intrinseca del popolo, Silone mette in evidenza la mentalità gretta e meschina, densa di credenze superstiziose, i pettegolezzi e gli inciuci per il proprio tornaconto. Nella comunità di Fontamara viene così a coesistere la dignità di un’umanità dimenticata dai potenti e dalla storia, scandita dalla ciclicità delle stagioni, dalla durezza del lavoro e dal conseguente spirito di abnegazione, con l’ingenuità inerme e l’aridità di vedute di chi non ha i mezzi per difendersi.

Ignazio Silone

Nonostante la sua opera venga oggi incasellata nella stagione neorealista, i ritratti che Silone fa dei suoi personaggi si distaccano dalla sua accezione più pura: risultano infatti figure deformate e fortemente espressive, che fanno riferimento alla sua personale poetica: fare arte non significa per Silone indulgere in un gioco intellettuale e cerebrale, non vuol dire creare semplicemente qualcosa di bello e coerente. L’arte è un mezzo per esprimere la verità, celata sotto le coltri di menzogne del reale. Se la realtà implica sempre un certo grado di menzogna o, più in generale, di nascondimento della vera essenza delle cose, il compito dell’arte è quello di portarle alla luce attraverso il suo travestimento estetico, di finzione certo, ma profondamente veritiero.

Infine il romanzo aspira all’universalità: non può essere incasellato in una semplice narrativa regionale, perché il racconto dei fontamaresi non è quello di una comunità specifica sotto mentite spoglie: Silone vuole dare la voce ai veri ultimi, di qualunque paese e cultura appartengano. E così la voce dei tre narratori scampati alle barbarie fasciste si amplifica, divenendo la voce di tutti i popoli sottomessi nel mondo e nelle varie epoche. Resta dunque da chiedersi se e in che modo questo romanzo possa essere attuale ancora oggi.

Nel mondo occidentale, comunità come quelle di Fontamara non esistono più o quasi – tutti sappiamo leggere e scrivere, tutti sappiamo contare, e tutti abbiamo un accesso alle informazioni prima inconcepibile; siamo in un paese libero, con teorica libertà di spostamento e maggiori possibilità di mobilità sociale. Abbiamo un sistema scolastico che, pur con tutte le sue criticità e inefficienze, è servito a somministrarci le nozioni di base, di qualunque materia. Se la prima impressione, leggendo questo romanzo, è che si parli di un mondo perduto o comunque situato in un continente diverso dal nostro, le inquietudini emergono a sprazzi, quando con sgomento ci si accorge che no, anche se tutti sappiamo leggere e scrivere l’ignoranza non è stata debellata, né i soprusi ai danni delle persone svantaggiate hanno cessato di esistere, né la meschinità di regnare sovrana.

Forse non abbiamo mai smesso di essere Fontamara. Semplicemente, abbiamo cambiato le vesti – la sostanza rimane la stessa. Ecco che allora trascrivere il romanzo su un muro, trasformarlo in un’opera d’arte, non significa soltanto omaggiare uno scrittore. Proprio perché Silone era un grande scrittore, la sua arte e il forte impegno etico a essa sottesa continua ad avere significato anche nell’epoca attuale: una sorta di eco che frange ogni fragile certezza, la registrazione di un grido degli ultimi, dei dimenticati… per ridare loro, almeno, il diritto di esistere.

 


FONTI

I. Silone, Fontamara, Mondadori, 2016

Abruzzo Web

Gente d’Italia

900 letterario

Centro Studi Ignazio Silone

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