Curiosità sulla tratta degli schiavi

Dopo la scoperta dell’America e l’inizio del suo conseguente sfruttamento economico, iniziò un vero e proprio commercio di schiavi. Infatti, siccome sempre più indigeni perivano a causa delle malattie portate dagli Europei ed erano poco resistenti ai climi tropicali tipici delle piantagioni di grano e cotone, si puntò tutto sull’importazione di manovalanza dall’Africa. Tuttavia, molte cose che pensiamo di sapere sull’argomento sono frutto di falsi miti e mistificazioni.

Innanzitutto, bisogna lasciare da parte il concetto di commercio triangolare in senso stretto. Questo mito presupponeva l’esistenza di una forte correlazione tra l’invio in Africa di beni europei in cambio di schiavi, il trasporto di questi in America e l’approvvigionamento sul mercato europeo di beni americani prodotti dalla forza lavoro assoggettata, dando per scontato che ogni nave contribuisse alle tre fasi. In realtà, la maggior parte dei prodotti delle Indie Occidentali veniva spedita in Europa su navi costruite appositamente, più grandi dei normali vascelli negrieri e impiegate esclusivamente in questo commercio bilaterale. Inoltre, capitava spesso che le navi negriere concludessero il proprio viaggio nel Nuovo Mondo e, quando tornavano in Europa, non aspettavano certo di caricare le merci americane, ma salpavano subito.

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Rappresentazione del commercio triangolare

Un altro aspetto da rivalutare è che la tradizione storica ha considerato la tratta un monopolio europeo, da cui gli africani traessero solo modesti compensi. Un commercio in cui gli schiavi erano barattati a prezzi truffaldini con beni senza valore e trasportati con minima spesa al di là dell’oceano. Niente di tutto ciò. I beni esportati in Africa per pagare gli schiavi erano costituiti da preziosi manufatti o da pregiati articoli d’importazione provenienti da altri Paesi. Rappresentavano la voce più dispendiosa nell’organizzazione del viaggio: costavano persino più della nave stessa e dei salari dell’equipaggio messi insieme.

Non solo, gli europei non ebbero mai il controllo della tratta in Africa. Lì esisteva da secoli un commercio di schiavi ben rodato e, se si voleva fare affari, bisognava scendere a patti con quei Paesi che ne gestivano i flussi. Anche per i costi, per il genere e per l’età degli schiavi bisognava attenersi alle regole africane. Erano loro che decidevano se portare agli europei uomini, donne, bambini o anziani. Era l’offerta di schiavi che comandava, non la domanda. Questo ci fa capire che trattavano su un piano di parità, non c’era uno sfruttamento (se non quello che colpiva le persone ridotte in schiavitù).

Nave negriera

Infine, andrebbe sottolineato che le condizioni degli schiavi a bordo delle navi, seppur non buone, con il passare del tempo migliorarono. Erano una merce che aveva molto valore, per questo si cercò sempre più di tutelare le loro vite durante la traversata verso l’America. Il tasso di mortalità a bordo passò dal 20% al 5%, grazie soprattutto ai miglioramenti delle razioni di cibo e alla maggior attenzione all’igiene.

La tratta si protrasse fino al 1867, quando Cuba decise di abolirla dopo che pian piano tutti i Paesi nell’Ottocento si erano via via adeguati all’abolizione della schiavitù voluta da Lincoln, Presidente degli Stati Uniti. Per oltre tre secoli, l’Africa ha subito una perdita demografica ingente, causando un danno permanente alla società. Si è calcolato infatti che le partenze dal continente furono circa 11 milioni (di cui 9,5 milioni arrivarono effettivamente in America).


FONTI

Herbert S. Klein, Il commercio atlantico degli schiavi, Carocci editore 2010

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