Fare i conti con se stessi richiede coraggio, specie dopo un trauma che frana i baluardi della propria esistenza.
Questo è un po’ quello che accade alla protagonista di “Io ballo da sola” , film del 1996 per la regia di Bernardo Bertolucci. Ambientato in un vecchio casale in Val d’Orcia durante una calda estate, racconta l’esperienza di una giovane americana, Lucy, che ha appena perso la madre, poetessa affermata suicidatasi per motivi oscuri.
Il lutto genera una confusione che la bella fanciulla sente di dover chiarire con questa vacanza, muovendosi tra i vecchi amici materni, spiazzati dalla sua imponente bellezza, e che si prendono cura di accompagnarla alla scoperta delle sue origini.
I personaggi, colorati riflessi della gioventù dello stesso regista, figli della contestazione, in fuga dall’asettica comunità borghese e in conflitto con i mutamenti di un mondo che va troppo veloce, manifestano la loro inadeguatezza verso l’accettazione dello scorrere del tempo: Ian e Diana sono una coppia legata da un amore ormai in declino, lei ancorata ad una giovinezza perduta, lui solitario scultore che nasconde il passato nelle sue opere. Noemi, autrice di una rubrica per cuori solitari, si lascia sedurre da un ragazzo molto più giovane solo per riprovare lo sbocciare di una passione infantile. Alex rappresenta invece una torcia sul percorso formativo di Lucy, incantato dalla sua pura bellezza, si comporta come un affettuoso Virgilio che la conduce alla porta del mondo degli adulti.
In “Io ballo da sola” soffia lo stesso vento di isolamento del capolavoro del regista, “L’ultimo tango a Parigi“, ma nel film del ’96 l’essere lontani dal mondo ha un valore salvifico per la protagonista, alla ricerca dell’ignoto padre e dell’amore vero grazie al quale si abbandonerà al piacere fisico e sentimentale, il cui sodalizio rappresenta il trionfo della propria affermazione.
Bertolucci ci regala un caldo esempio d’iniziazione alla vita adulta, dove la scoperta è contemporaneamente traguardo e partenza per chi è disposto ad accettare il passato, godere del presente e muovere i primi passati nel futuro.