Renato Guttuso: centodieci anni di realismo moderno

Biografia di un visionario

Renato Guttuso nasce a Bagheria, vicino Palermo, il 26 dicembre 1911. Il padre Gioacchino è un pittore-acquerellista dilettante e il ragazzo segue le sue orme; gravita giovanissimo nello studio del futurista Pippo Rizzo, che gli permette di entrare in contatto con la cultura d’avanguardia.

Nel 1932 a Palermo costituisce il Gruppo dei Quattro con Lia Noto, Nino Franchina e Giovanni Barbera, e l’anno seguente si trasferisce a Roma. Qui è attratto dal clima della galleria di Dario Sabatello, che ha aperto l’anno precedente con una mostra su Marino Marini e ha, nella sua scuderia, artisti come Alberto Savinio, Mario Tozzi e Antonio Donghi.

Nel 1935 Guttuso presta servizio militare a Milano, dove espone alla Galleria del Milione con il Gruppo dei Quattro e dove entra in contatto con Renato Birolli, Lucio Fontana e Giacomo Manzù: la grande generazione del secondo dopoguerra inizia a formarsi. Due anni dopo è di nuovo a Roma, dove riprende le sue frequentazioni intellettuali. Nel 1938 tiene la sua prima personale alla Galleria La Cometa, dove espone quadri in cui emerge una carica emotiva, un uso forte dei colori e delle pennellate, che caratterizzano il suo approccio di intensità concreta agli eventi della realtà.

Gli anni della affermazione artistica

A partire dal 1940 partecipa al gruppo nato intorno alla rivista «Corrente», fondata da Ernesto Treccani nel 1938:

Vogliamo impostare il discorso pittorico in funzione rivoluzionaria: che tenda cioè all’agitazione degli uomini e a provocare dirette domande e risposte.

Guttuso si avvia verso la ricerca di una sintesi formale, per la quale considera anche il lato vernacolare, sottolineato dall’uso di accelerazioni cromatiche, creando così un modo di fare artistico che si presenta strettamente autentico. Nel 1946 nasce la Nuova Secessione Artistica Italiana, che si presenta con il nome di Fronte Nuovo delle Arti alla Biennale di Venezia del 1948. Guttuso espone insieme a Birolli, Corpora, Santomaso, Vedova, Turcato, Pizzinato, Viani, Franchina e Leoncillo. La nascita di questo gruppo, che ha come punto di ispirazione le idee marxiste-comuniste, si sfalda quando dall’U.R.S.S. avanza un’arte realistica in senso politico e non in senso puramente artistico, progettando l’eliminazione della soggettività dell’artista per creare arte immediata a fini propagandistici.

Tuttavia, negli anni successivi, Guttuso si dedica a quadri dove le problematiche sociali vengono descritte: L’occupazione delle terre incolte, La Battaglia di Ponte dell’Ammiraglio, Boogie-Woogie a Roma, I Funerali di Togliatti, La discussione, e lo straordinario quanto famoso La Vucciria. Guttuso muore a Roma a Palazzo Grillo, sua residenza dal 1965, il 18 gennaio 1987 e viene sepolto a Villa Cattolica di Bagheria, dove è stato realizzato il suo museo.

Renato Guttuso e la sua visione dell’arte

L’arte per Guttuso ha sempre avuto il significato di capacità relazionale tra se stesso e il mondo, dove la realtà è intesa come partecipazione autentica alle vicende umane. Infatti, egli ha sempre immaginato il proprio ruolo d’artista come partecipazione alle vicende collettive, tanto che nel giugno del 1976 viene eletto Senatore della Repubblica Italiana per il Partito Comunista.

La realtà comincia quando un artista si pone di fronte al mondo, all’oggetto, quando questo appare all’artista, quando l’artista si scontra con l’oggetto per conoscerlo. Questa realtà è espressa nell’opera d’arte come realtà, quando l’artista ne offre una visione nuova, prima, inedita, sconosciuta agli altri.

Cubismo picassiano, Espressionismo e cultura popolare italo-siciliana, questi sono i tre ingredienti della sua pittura, che posso essere ricongiunti in altrettante parole chiave: Collera, Realtà, Avanguardie.

Collera

La prima parola esprime una linea che va controcorrente a quella che caratterizza il linguaggio dell’arte italiana degli anni Trenta e Quaranta. In un periodo di guerre nazionali e mondiali, nella critica si impone una linea “purovisibilista”: questa critica non va oltre la tela dipinta e si fonda sull’autosufficienza lirica dell’opera.

La Collera, con le parole Amore e Giustizia, del Gruppo Corrente, è alla base del rinnovamento etico delle arti visive nato con il Futurismo. Guttuso parte dal senso di disagio con il mondo, guardando a Picasso, la cui collera si traduce in denuncia politica in opere come Guernica. Quindi la collera è, per il siciliano, un punto di partenza di una situazione morale reale, che si trasforma in sintassi pittorica quando la traduce in azione pittorica.

Realtà

Realtà, invece, è ciò che contraddistingue la sua carriera e che lo separa dal resto della comunità artistica, a partire dallo stesso Picasso. A differenza di quest’ultimo, infatti, Guttuso utilizza le teorie cubiste come chiave per rappresentare sulla tela la sua visione del mondo circostante. In polemica contro gli astrattisti, nel 1957 dichiara la necessità di un rapporto tra uomo e realtà. Secondo lui non esiste un quadro senza realtà:

Tutto il travaglio di questo dopoguerra, nell’arte, verte intorno alla ricerca di una visione essenziale che racchiuda quanto più possibile del reale, cercando fin dove esso è oscuro e invisibile, fino al caos, fino al nucleo.

Nel 1971 egli si esprime in maniera ancora più precisa, in quanto l’artista che si misura con la realtà ha il dovere morale di raffigurarla con gli elementi formali e stilistici della tradizione, come appunto avviene nella famosa Crocifissione del 1940-1941:

Il mio mestiere è di rendere visibile quest’idea [la mia riflessione sul mondo] attraverso una figurazione, o una immagine visuale, e cioè, poiché non ho paura di parole oggi pericolose, attraverso i quali mi accosto alla realtà, cerco di capirla e farla capire.

In Paura della Pittura del 1942, Guttuso, per rafforzare la sua idea di realismo intellettuale e non politico, utilizza la parola “coesistere”, dove la riconoscibilità delle cose è uno dei concetti cardine della sua pittura. In questo modo egli spiega il rapporto che c’è tra l’artista e la realtà, dove il primo è un mezzo che, attraverso lo strumento pittura, fa attraversare la realtà nella tela:

Una mela, una bottiglia, un volto, uomini in guerra o in pace, angeli nei cieli, estasi di Santi, massacri, dannati all’inferno, crocifissioni o concerti, giornali, cinematografi, musei, strade, campagne, palazzi e camere chiuse, letti disfatti, oggetti abbandonati e impolverati. La pittura è la forma del nostro coesistere in ognuno di questi elementi, o in tutti questi insieme.

Avanguardie

Quando si è veramente all’avanguardia? Quel che viene chiamato spirito avanguardistico non può avere oggi altro senso che storico (e positivo solo in quanto storico, inserito cioè in uno sviluppo necessario, e fatto di rotture necessarie, di scoperte necessarie, di efficaci dichiarazioni di nuove possibilità ulteriori e da sostituire a quelle già consacrate del magazzino accademico), e si è anzi rivelato come un metodo, per non dire un pigra consuetudine, non solo inutile, ma di ostacolo; la barriera che non consente uno sbocco, che impedisce la nuova ricerca, il cammino sulla nuova strada – che poi è la vecchia: l’uomo!

Questa è la risposta che Guttuso dà a Francesco Arcangeli nel 1962, in un momento di ripresa critica delle Avanguardie europee. L’artista denuncia il pericolo della perdita della centralità dell’uomo, che si può trovare nel considerare l’avanguardia solo come puro inno alla modernità. Guttuso, che si è formato dal futurista Rizzo, ha guardato agli espressionisti tedeschi, così come ai Fauves, passando da Mondrian, e ha sempre tenuto un rapporto con questa linea storica dell’arte.

Partendo quindi dal valore storico dell’avanguardia, egli la rende reale e la attualizza in merito alle problematiche sociali e storiche del suo tempo. Per lui quindi, avanguardia non è più sinonimo di modernità, ma ha contenuti rivoluzionari positivi che hanno il merito di coinvolgere il pubblico. Così facendo, concepisce un’arte in grado di permettere alla massa la partecipazione agli avvenimenti politici e sociali.

Realismo in quanto scelta di vita e non adesione politica

Nel corso della sua carriera, Guttuso ha affrontato tutti i temi tradizionali della pittura in modo personale, accorato e partecipativo. Ha letto e interpretato tanto temi sacri quanto quelli profani con lo stesso spirito di investigatore della realtà e dei suoi rapporti profondi. Nature morte, flora, fauna, storia, società, citazioni d’autore. Ma ciò che più caratterizza la sua pittura è la capacità di vedere oltre, come si vede nella serie dei Tetti di Roma.

Guttuso e Roma

L’elemento urbano si trova nelle sue opere fin dagli studi per la Fuga dall’Etna degli anni 1936-1938, ma è con Paesaggio Urbano del 1940 che questo soggetto diventa protagonista. Il dipinto presenta una scansione geometrica dei palazzi del centro della Capitale, che si sviluppano attorno la cupola di San Pietro. Tetti rossi e terrazze sono descritti secondo la prospettiva aerea, creando una composizione in grado di restituire la grande vitalità di Roma. Questa Roma è senza umanità, le finestre sono aperte, ma nessuno che vi si affaccia. Questa mancanza, se da un lato trasmette un senso di tranquillità e di calma, dall’altro ricorda il pericolo dell’Italia in guerra.

Diverso è Tetti di Roma del 1957. Non più estate e caldo, ma un tempo grigio che connota la città durante i mesi invernali. Tuttavia, di nuovo, si staglia sullo sfondo San Pietro, preceduto da una successione ritmica di elementi antropici che caratterizza la grigia veduta urbana.

Arte, vita e politica: elementi inscindibili ma equilibrati

Il realismo di Guttuso, personale e non politico, anche quando dipinge quadri a carattere sociale, si risolve nella sua semplice quotidianità. Secondo lui è reale sia ciò che l’artista è in grado di recepire e trasmettere, sia l’equilibrio tra forme e cromia tipico dei suoi dipinti. La storia dell’arte ci ha consegnato un artista in grado di misurarsi con la realtà degli eventi e di tradurli in pittura.

Dalla Sicilia a Roma, senza mai dimenticare le sue origini e la sua cultura, si è occupato della società contemporanea analizzandone pregi e vizi. Egli ha seguito, in anni in cui era impossibile il contrario, un’idea di arte politica e sociale, evitando di fare della politica un’arte.

Non si incollano sulla tela ideologie o giudizi, solo si dipingono cose.

 

– Puoi trovare le opere citate qui:

Paesaggio Urbano

Tetti di Roma

Archivio Renato Guttuso per ulteriori approfondimenti

Leggi anche: L’evoluzione della donna in pittura tra realismo, simbolo e avanguardia

Musia: un luogo dove si perde il senso del tempo e dello spazio

 


Fonti:

Guttuso, I Maestri dell’Arte Italiana, Skira Editore, Milano 2020.

Renato Guttuso. Nuovi Studi, a cura di Barbara Tomassi (Catalogo della mostra: Renato Guttuso. Un uomo innamorato, 3 ottobre – 26 novembre 2019, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma), Silvana Editoriale, Milano, 2019.

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