La storia di Jane Eyre (1847) è famosa in tutto il mondo. Quello che però forse non tutti sanno è che quasi cento anni dopo la sua pubblicazione la scrittrice britannica (ma di origini caraibiche) Jean Rhys decise di scrivere una sorta di prequel: Il grande mar dei Sargassi (1966), un breve romanzo post-coloniale.
Se Jane Eyre di Charlotte Brontë è uno dei romanzi più letti, tradotti e importanti al mondo fu perché seppe, nella sua prima parte, anticipare (e approfondire) tutto un mondo “sociale” come poi avrebbe fatto Charles Dickens, mentre la seconda parte si avvicinò alle atmosfere “pre-gotiche” (ma senza l’inserimento del sovrannaturale) che avrebbero riscosso un grande successo in Europa e culminate con Dracula (1897) di Bram Stoker.
Le suggestioni gotiche sono facilmente individuabili nel rapporto tra Jane e Bertha Mason. Quest’ultima è stata definita dei critici il doppelgänger della protagonista. Prendendo a prestito le parole di Nietzsche, la “pazza” moglie di Mr. Rochester nel romanzo della Brontë rappresenta infatti il “polo dionisiaco” ovvero le pulsioni represse delle donne nella società vittoriana, oltre che l’impedimento tanto legale quanto morale verso una vita felice per Jane e Rochester.
Jean Rhys decise di dare dignità e un background psicologico a Bertha, personaggio che la Brontë volontariamente aveva lasciato avvolto in un “manto misterioso” in quanto, da un lato, incarnazione dell’inconscio (e quindi incategorizzabile) e dall’altro lato elemento cardine per il compimento del grande colpo di scena del romanzo vittoriano.
Nel Grande mar dei Sargassi veniamo a scoprire che Bertha, il cui vero nome è Antoinette, è una una bambina creola di origini giamaicane. Suo padre, un uomo bianco e un tempo venditore di schiavi, è ormai morto da qualche anno così Antoinette deve prendersi cura del fratello più piccolo Pierre assieme alla balia che pare essere dotata di potere esoterici/vodoo.
La famiglia non viene accettata dai contadini giamaicani e creoli che spinti da forse giustizia, forse vendetta, dopo ripetute minacce, incendiano la loro dimora causando la morte del fratellino. La tragedia segna la divisione della famiglia: la madre verrà rinchiusa per volontà del secondo marito (anticipando metaforicamente la sorte di Antoinette/Bertha in Jane Eyre) mentre Antoinette ancora fanciulla sarà mandata in convento. La seconda parte del romanzo è scritta dal punto di vista del signore a cui Antoinette viene data in sposa; anche se mai esplicitato il lettore facilmente può ricollegare i propri indizi a Rochester. Il rapporto fra i due sposi è complicato. La “respectability” e lo stato mentale di Antoinette sono precari e fragili anche a causa del passato di cui è una una vittima senza colpe. Soprannominata Bertha dal marito, nella giovane donna si è creato un conflitto di identità, per il quale si sente sola e lacerata.
Antoinette/Bertha dovrebbe essere il frutto dell’unione di due mondi, o la figlia di uno solo senza barriera. Eppure l’oppressione di una società chiusa e ristretta (tanto colonizzatrice quanto bigotta) la costringerà a trovare il drammatico epilogo di cui tutti siamo a conoscenza. Come facevano i tragediografi greci con il mito, così Jean Rhys ha saputo rimodellare, rimodernare e approfondire i personaggi di un classico per eccellenza, quello della Brontë.
J. Rhys, Il grande mare dei Sargassi, Milano, Adelphi, 1980
Charlotte Bronte Sito
R. Marioni e L. Salmoiraghi Witness to the time vol. D, Milano. Principato, 2002