Fiumi d’inchiostro sono stati spesi in tutto il mondo per il film di Luca Guadagnino, Call me by your name. Acclamato da critica e pubblico come un capolavoro e candidato a quattro premi oscar, il lungometraggio trova la sua ambientazione nella campagna cremasca, trenta km a sud est di Milano. Noi de Lo Sbuffo ne proponiamo una breve descrizione per tutti coloro che, spinti dalla poesia del film, vorranno addentrarsi nella pianura per conoscerli e visitarli.
Crema, in primo luogo. La cittadina medievale si è prestata per alcune scene in esterna, e la macchina da presa ha reso onore alla magnifica piazza Duomo. La cattedrale romanica che troneggia nelle panoramiche è dedicata a Santa Maria Assunta e la sua costruzione è iniziata nel 1284. I contrasti tra guelfi e ghibellini ritardarono l’ultimazione della chiesa, che avvenne ben 57 anni dopo. Nel secolo successivo venne eretto il campanile, che, data la sua altezza, diventò anche torre di vedetta durante le dominazioni successive. In una delle scene iniziali, quando Elio e Oliver sorseggiano una bibita seduti al tavolino, alle loro spalle si scorge il Torrazzo. Costruzione databile durante il rinascimento, il Torrazzo era, probabilmente, in origine una porta d’accesso alla piazza, solo successivamente furono aggiunti gli altri livelli e venne completato con l’acroterio. Dal 1615 poi, per volontà di Venezia, le stanze superiori furono adibite ad archivio, occupando anche la stanza dell’orologio.
Moscazzano, villa Albergoni. Gran parte del film si svolge in questa meravigliosa villa di campagna a pochi chilometri da Crema. Databile tra il XV° e il XVI° secolo, è stata scelta da Guadagnino, oltre che per la sua bellezza, anche per il velo di tristezza che trasmetteva. Immersa nel verde e tuttora abitata, la villa è decorata da affreschi di pregio, tra cui quelli di Aurelio Busso, allievo di Raffaello. Nel film appare stravolta nel suo arredamento per adeguarla al periodo in cui la pellicola è ambientata ambientata; in tale trasformazione Guadagnino si è avvalso dell’aiuto dell’interior designer Violante Visconti di Modrone. La casa, oltre ad essere accogliente, doveva trasmettere l’amore per la cultura e i libri, professato dal padre archeologo e dal figlio Elio, protagonista del film. Nel bel giardino i due giovani, poi, trascorrono i pomeriggi assolati, all’ombra degli alberi da frutto o nella piccola piscina scavata nella pietra.
In tutta sincerità l’estate in campagna è sinonimo di caldo umido, miriadi di zanzare e noia, tanta noia. Tra le varie meraviglie cui questo film ha dato origine, invece, c’è anche quella di far passare l’idea che la calura estiva lombarda non sia poi tanto male: sollazzarsi nell’acqua fresca dei Fontanili, fare biciclettate su sentieri sterrati, partecipare a feste di paese, leggere all’ombra degli alberi. Elio e Oliver trascorrono le giornate così, con lentezza, studiandosi a vicenda, in un singolare locus amoenus, a me tanto caro.