Il colpo di stato del 1954 in Guatemala venne finanziato e incoraggiato dagli Stati Uniti, i quali però lo inserirono capziosamente nel contesto della Guerra fredda. Il confronto Urss-USA infatti venne utilizzato come pretesto per porre fine a una situazione economicamente sfavorevole per gli americani. Venne raccontato che agenti diretti dell’Unione Sovietica si stavano organizzando per sovvertire il paese e trasformarlo in una testa di ponte dell’imperialismo sovietico in America Latina. Ma sotto questa falsa preoccupazione c’erano in ballo interessi molto meno ideologici.
Tutto iniziò quando in Guatemala, nel 1951, Juan José Arévalo venne sostituito al potere dal colonnello Jacopo Arbenz Guzmàn. Il nuovo capo del governo decise di accelerare il processo cominciato dal suo predecessore per ridimensionare la povertà e le disuguaglianze nella popolazione. Secondo lui bisognava agire tramite una riforma agraria. Era convinto che l’arretratezza del suo paese dipendesse dall’ineguale distribuzione della terra (Il 2% della popolazione controllava il 74% di tutti i campi coltivabili). Così nel 1952 il parlamento emanò la legge di riforma agraria. Il governo ora aveva la facoltà di espropriare e ridistribuire la terra. Queste sarebbero state ovviamente indennizzate ai loro proprietari. La riforma era razionale, moderata e profondamente necessaria, data l’arretratezza del paese.
Ma la Casa Bianca non la pensò assolutamente come Arbenz. La riforma venne giudicata come un pericolo serio per i suoi obiettivi strategici. La ditta United Fruit Company di Boston, che operava sul territorio guatemalteco, si oppose infatti energicamente alla ridistribuzione delle terre. Il motivo era che avrebbe dovuto subire l’espropriazione di buona parte degli ettari posseduti. La compagnia giudicò i risarcimenti totalmente inadeguati e nella sua protesta venne spalleggiata dal presidente Eisenhower. Vennero così richieste cifre astronomiche di indennizzo e, quando queste vennero negate, cominciò a prendere piede una campagna anticomunista verso il Guatemala. Eisenhower con i suoi discorsi non lasciava dubbi sul fatto che il governo guatemalteco fosse dominato dai comunisti. Tuttavia Mosca non influiva affatto sul governo e anzi il paese era profondamente legato agli Stati Uniti. L’Unione Sovietica non incoraggiò mai Arbenz né gli fornì alcun tipo di supporto. Le accuse erano esagerate e puramente strumentali.
Nonostante tutto, gli americani decisero di passare all’azione optando per una invasione del territorio tramite controrivoluzionari addestrati dalla CIA. L’assalto ebbe luogo il 18 giugno 1954 quando circa 200 esiliati, guidati dal tenente colonnello Carlos Castillo Armas, attraversarono il confine tra Guatemala e Honduras. Nel frattempo la CIA svolse un’intensa campagna di propaganda al fine di far credere alla popolazione guatemalteca che la lotta fosse cruenta e diffusa. Inoltre bombardò la capitale controllando lo spazio aereo nazionale. L’esercito del governo decise così di non intervenire a difesa di Arbenz, il quale fu obbligato a farsi da parte sperando inutilmente in un intervento delle Nazioni Unite. Una giunta militare allora prese il potere proclamando Armas presidente, ponendo fine al governo democraticamente eletto.
La dittatura che si instaurò procedette a una repressione interna di tutti i dissidenti. Vennero soppressi la maggior parte dei sindacati e abolite tutte le misure emanate durante la stagione riformista. Il nuovo regime incompetente e corrotto non riuscì però a pacificare il paese. Armas venne assassinato nel 1957 e il vuoto politico generò una lunga fase di instabilità caratterizzata da enormi violenze. La dittatura tanto voluta dagli Stati Uniti riuscì sì a tutelare gli interessi americani, ma a prezzo di un terribile e prolungato caos che sconvolse il Guatemala.
FONTI
Raffaele Nocera, Stati Uniti e America latina dal 1823 a oggi, Carocci editore 2015
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