Selvaggio è bello?

 

Un piccolo esperimento

Prendete un quotidiano qualsiasi e leggete i titoli delle notizie principali. Bene, che ve ne pare? Vi sembra che il mondo sia un bel posto in cui vivere? Adesso mettete da parte quel giornale e quella risposta, chiudete gli occhi e immaginate un quotidiano redatto 15.000 anni fa. Si tratterebbe della testata di una tribù di cacciatori-raccoglitori: ovviamente le notizie sarebbero molte meno, le sezioni di politica e di sport non esisterebbero, ecc.

Una domanda

Ora, secondo voi il mondo descritto in queste ipotetiche pagine risulterebbe migliore rispetto a quello attuale? Se doveste fare una scommessa, quale dei due quotidiani sarebbe maggiormente occupato da notizie di violenza?

Una possibile risposta

Secondo molte persone, dal quotidiano preistorico emergerebbe un mondo decisamente meno violento. In origine infatti l’uomo era un animale buono e pacifico. Vivendo secondo natura, la società tribale era una società più giusta. Non esistevano proprietà privata, disuguaglianze o sopraffazioni: tutto procedeva secondo un’armonia pressoché perfetta. Solo in un secondo momento, a causa del processo di civilizzazione, l’umanità avrebbe cominciato a corrompersi.

Questa antropologia, che farebbe mulinare non poco i baffi a Thomas Hobbes, è passata alla storia come il «mito del buon selvaggio». Tra i suoi illustri sostenitori ricordiamo il primo Leopardi e Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), che fu forse il più convinto di tutti. Leggere per credere:

“Ogni cosa è buona mentre lascia le mani del Creatore delle cose; ogni cosa degenera nelle mani dell’uomo.”

E ciò che più conta è che questa concezione dell’uomo fa parte del nostro senso comune, con tutte le conseguenze politiche, morali e filosofiche che ne derivano.

L’obiezione che non t’aspetti

Ecco, quest’idea è semplicemente sbagliata. Per dirla con lo scienziato cognitivo Steven Pinker:

“In realtà, i nostri antenati erano molto più violenti di noi, […] la violenza sta diminuendo da lunghissimo tempo, e […] oggi viviamo probabilmente nel periodo più pacifico della nostra specie.”

Qualche dato (anzi, solo uno)

Nel suo Il declino della violenza: perché quella che stiamo vivendo è probabilmente l’epoca più pacifica della storia, Steven Pinker sostiene che il calo della violenza sia un fenomeno frattale. È possibile cioè osservarlo nel corso dei millenni, dei secoli, dei decenni e perfino degli anni. Nel suo Ted Talk potete apprezzare uno ad uno tutti i dati a sostegno di questa conclusione.

Qui ci limiteremo a riportare il dato più impressionante, quello avanzato dall’archeologo Lawrence Keeley. Secondo le sue stime, infatti, tra le popolazioni di cacciatori-raccoglitori contemporanee i tassi di probabilità di morte violenta in guerra per mano di un altro uomo variano dal 15 al 60%. Tradotto: se questo fosse stato il tasso nel 20esimo secolo “civilizzato” (quello delle due guerre mondiali), i morti sarebbero stati 2 miliardi e non 100 milioni. Vi sentite già delle persone migliori, vero?

Morale

Il mondo odierno civilizzato, con le sue guerre, i suoi genocidi, i suoi atti di terrorismo e le sue discriminazioni, è comunque il posto migliore in cui l’uomo abbia mai vissuto – o quantomeno il meno violento. Il mito del buon selvaggio è, per l’appunto, soltanto un mito.

 


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