Diversamente dalle aspettative, il Presidente turco uscente Recep Tayyip Erdoğan si afferma quale vincitore delle consultazioni elettorali del 25 giugno. La vittoria, dichiarata dal Presidente ancor prima della conclusione dello spoglio da parte dell’Alto Comitato Elettorale, ha sollevato non poche polemiche, specialmente da parte dell’opposizione.
Importanti i numeri delle elezioni: l’affluenza alle urne è stata dell’87%. Per questo motivo il portavoce del partito Akp, Mahir Unal, ha parlato di elezioni condotte con “maturità democratica”, mentre il Presidente Erdoğan ha sostenuto di aver dato all’intero mondo, con il suo Paese, “una lezione di democrazia”.
Come anticipato nel nostro precedente articolo, l’importanza di queste elezioni ruota attorno al significato, simbolico e pratico, che queste rivestono: Erdoğan ha ricevuto legittimamente la conferma della propria leadership, ottenendo maggiori poteri costituzionali, che gli permetteranno di portare avanti la doppia carica di Presidente e di Primo Ministro.
Considerato l’esito di questo importante appuntamento elettorale, difficilmente l’autoritarismo del Presidente Erdoğan incontrerà delle limitazioni. Due sono le questioni vitali che il neoconfermato Capo dello Stato turco si trova a dover gestire nell’immediato: fronteggiare la sensibile riduzione degli investimenti, nazionali ma soprattutto esteri, e parallelamente porre un freno alla svalutazione della Lira turca.
Quanto al partito del Presidente, l’Akp, nonostante la vittoria elettorale, ha subito importanti perdite di consensi, scontrandosi con una crescente impopolarità: cresce in realtà il prestigio dei nazionalisti del Mhp, che si sono dimostrati essenziali per la vittoria di Erdoğan, aggiudicandosi una cinquantina di seggi. Certamente questo elemento influenzerà l’agenda di governo.
Si afferma pesantemente la netta spaccatura a metà della Turchia: se infatti metà degli elettori hanno manifestato il proprio sostegno al Presidente, l’altra metà è categoricamente schierata contro la sua guida politica.
Osservando gli altri partiti che hanno preso parte alle consultazioni, va accolto positivamente il risultato del Partito democratico dei popoli (Hdp), il quale ha superato l’importante soglia di sbarramento fissata al 10% e che rappresenta soprattutto l’elettorato di origine curda e delle classi medie urbane. La sua presenza in Parlamento auspicabilmente costituirà un elemento mitigativo dell’azione politica del Presidente.
Il Presidente si appresta dunque a ripartire per altri cinque anni di potere, ma in un Paese dalle profonde spaccature e con un opposizione che, benché sconfitta al banco elettorale, certamente sarà pronta a far sentire la sua voce.