La giustificazione a un simile approccio (di cui abbiamo parlato qui) va ricercata nell’analisi sociale che Gaber (coadiuvato da Luporini) era stato in grado di fare, con netto anticipo rispetto a qualsiasi coevo mezzo di comunicazione o personaggio politico. Egli aveva fiutato dove saremmo andati a precipitare. Si pensi all’avversione verso la tendenza a viziare eccessivamente i propri figli, soprattutto con inutili oggetti, che, per mezzo di una geniale personificazione, nell’omonimo brano, salgono al potere e scelgono noi cittadini. Impossibile non utilizzare il concetto oggi, in particolare in riferimento a quel che sono diventati gli smartphone: si potrebbe definire semplicemente profetico. Come proferico è quel “è giusto che la gente si difenda da sola” che emerge dal brano La pistola, che rimanda infatti all’attualissimo tema della legittima difesa.
In generale, si percepisce come l’autore denunci la perdita della giusta rotta (“le idee sono buone, ma la costola è malandata”, in Eva non è ancora nata), a favore di un “rammollimento” comune, ben spiegato in La festa. Da che cosa non si riesce più a strappare gli uomini? A che cosa sono incollati? Uno dei marchi di fabbrica Gaberiani (oltre all’uso insistito di onomatopee) è un elenco atto a disorientare l’ascoltatore, e propedeutico all’introduzione di un ultimo sostantivo che disvelerà il vero significato della canzone. Qui si parla prima di “speranza”, “allegria” ed “emozioni”, salvo poi tirare in ballo l’”idiozia”. L’uomo è sempre più “deficiente” e “devastato”: non c’è niente da festeggiare. Le idee non sono un bene, e L’ingenuo non fa altro che rimbalzare da una idea all’altra, totalmente suggestionabile e privo di capacità critica.
Come se non bastasse, neanche partecipare attivamente in politica sembra essere una soluzione ottimale:
“ogni volta che entro a far parte di un collettivo, mi sembro più solo e più cattivo”, si ode ne L’uomo non è fatto per stare solo.
Tombale e durissimo, Gaber non lascia intravedere speranze o soluzioni. Anzi, rincara la dose in Guardatemi bene, dove indossa i panni di un ventenne disilluso che accusa le generazioni precedenti – di cui è “figlio, creazione, prodotto” – ree di non aver fatto niente per impedire che i suoi occhi diventassero “drogati e corrotti”. Ma soprattutto, per mezzo di una metafora degna di Menenio Agrippa, si scopre come egli non sia altro che lo specchio di chi lo sta ascoltando, così l’ “avete visto come sono ridotto?” diviene “avete visto come siete ridotti?”. Resta dunque il Suicidio, trattato nel monologo che precede forse l’unica canzone di Polli d’Allevamento entrata a far parte delle varie raccolte antologiche su Gaber, uscite negli anni avvenire: Quando è moda è moda.
Stiamo parlando di quasi sette minuti di punchline (termine che nel rap sta ad indicare rime d’impatto): è un manifesto che non lascia spazio a fraintendimenti. Il climax è lento, ma inesorabile. Gaber ci tiene a prendere le distanze con chiarezza: lui è “diverso”. Inutile tentare di riassumere la potenza e l’unicità delle ultime strofe, che riporto integralmente:
Io per me se ci avessi
la forza e l’arroganza
direi che non è più tempo
di fare mischiamenti
Che è il momento di prender le distanze
che non voglio inventarmi più amori
che non voglio più avervi come amici
come interlocutori
Sono diverso e certamente solo
sono diverso perché non sopporto
il buon senso comune
ma neanche la retorica del pazzo
Non ho nessuna voglia
di assurde compressioni
ma nemmeno di liberarmi a cazzo
Non voglio velleitarie mescolanze con nessuno
nemmeno più con voi
ma non sopporto neanche
la legge dilagante del “fatti i cazzi tuoi”
Sono diverso sono polemico e violento
non ho nessun rispetto per la democrazia
e parlo molto male di prostitute e detenuti
da quanto mi fa schifo chi ne fa dei miti
Di quelli che diranno
che sono qualunquista
non me ne frega niente
non sono più compagno
né femministaiolo militante
Mi fanno schifo le vostre animazioni
le ricerche popolari e le altre cazzate
e finalmente non sopporto le vostre donne liberate
con cui voi discutete democraticamente
Sono diverso perché quando è merda è merda
non ha importanza la specificazione
Chi andava al teatro canzone era spesso tendente a sinistra, se non proprio iscritto al partito. Allo stesso tempo, a differenza di ciò che accadeva nei concerti, dove la gente andava a cantare parole e melodie (a proposito, quelle del 1978 furono riarrangiate niente po po di meno che da Franco Battiato) già conosciute, gli spettacoli del signor G. erano delle vere e proprie sorprese. Più volte alla fine di Polli d’Allevamento, portato in scena tra il 1978 e il 1979, agli applausi si mischiarono sonori fischi. Perché Giorgio Gaber non ha mai voluto fare altro se non esprimere sempre e comunque la propria opinione, con modestia e responsabilità. Per questo suo modo di intendere la professione del cantautore ritengo sia necessaria una forma di gratitudine.
PRIMO TEMPO
- Introduzione-prosa
- Timide Variazioni
- Chissà Nel Socialismo
- Prima Dell’Amore (prosa)
- L’Esperienza
- La Paura (prosa)
- La Pistola
- Il Vecchio (prosa)
- I Padri Miei
- I Padri Tuoi
- Gli Oggetti (prosa)
- La Festa
SECONDO TEMPO
- Situazione Donna (prosa)
- Eva Non È Ancora Nata
- Dopo L’Amore (prosa)
- L’Uomo Non È Fatto Per Stare Solo (canzone-prosa)
- L’Ingenuo (prosa)
- Polli D’Allevamento
- Il Palazzo (prosa)
- Salviamo ‘Sto Paese
- Guardatemi Bene
- Il Suicidio (prosa)
- Quando È Moda È Moda
- Finale
Il mio amico Giorgio Gaber di Gianpiero Alloisio
giorgiogaber
Un commento su “Polli d’allevamento: quando Gaber disse no al PC (parte 2)”
Caro Fabio, se tu fossi mio figlio andrei in giro con una maglietta col tuo volto stampato sopra.
Davvero raro incontrare un ragazzo della tua età che abbia questa sensibilità musicale, ma non solo, anche filosofica, sociale, politica.
Ho pubblicato poco fa sul mio profilo FB questa song, presa da youtube e dopo qualche ricerca sono arrivato a questo tuo bellissimo articolo.
Ho pensato ad un autore della mia generazione (sono over 60) e con grande sorpresa ho letto la tua età… che oggi è di +4 rispetto ai 23 dichiarati nel 2018 e sono rimasto veramente colpito dalla tua sensibilità e capacità analitica.
Gaber, per quanto mi riguarda, è uno dei più grandi pensatori che mi sia stato fatto dono di incontrare. Precorrere i tempi è tipico degli uomini che hanno il dono di poter esprimere le proprie emozioni attraverso l’arte. Spesso l’ho osservato come fosse un sacerdote senza divisa e appartenente alla sola religione che abbia senso, quella del servire la Verità a qualunque costo. Lui lo ha fatto, ha conosciuto la trappola mediatica e ancora giovanissimo se n’è liberato senza neppure sporcarsi le scarpe. Ha saputo trovare un modo per arrivare alla gente, senza allertare i “controllori” o “spin doctor” che dir si voglia… che sono poi quelli che danno ai “terminators” gli input “esecutivi” (perdona il linguaggio semi criptico, ma confido nella tua corretta interpretazione).
Oggi, se quell’uomo fosse ancora dotato di corpo, scriverebbe cose che attirerebbero le ire di chi tutto controlla e monitora… ma credimi, si stanno accorgendo di non poter fermare in nessun modo il fenomeno Gaber… che sempre più dilagherà tra chi ancora è dotato di pensiero critico e libero arbitrio… fino a contaminare le menti più semplici di chi si fa normalmente contaminare dal canto delle sirene mediatiche.
Scusa se mi sono dilungato ma il tuo articolo ha toccato molto le mie corde emotive ed ho sentito la necessità di chiedere alle mani di muoversi sulla tastiera.
Se ogni 100 ci fosse un giovane come te… non oserebbero, i fautori di questo macello sociale, a portare avanti il loro distruttivo progetto.
Resta sempre nella Luce…