Il Pacta Salone conclude la stagione con una commedia elegante e raffinata, destando ammirazione e suspense nel pubblico gremito. Lo spettacolo, “Marylin e la Signora in giallo, forever”, è un dialogo ironico e accattivante tra due attrici, dai toni spontanei e satirici, ma anche esistenziali, soprattutto sul finale. La commedia conclusiva si presenta quasi come un testamento teatrale, una dichiarazione d’intenti.
In scena soltanto due donne: si tratta di due attrici che hanno a lungo impersonato Jessica Fletcher (più nota come la “Signora in giallo”) e Marilyn Monroe. Il loro incontro avviene sul ponte di una nave da crociera fantasma; le due dialogano ampiamente, facendo riemergere ricordi, aneddoti privati, leggende e supposizioni riguardo ai due personaggi mitici a cui hanno dato voce. Toni malinconici avvolgono l’atmosfera: l’impossibilità di autodefinizione e gloria, la fatalità della vita, la piccolezza dell’attore di fronte all’imperiosità del personaggio sono argomenti con cui le donne si trovano, inevitabilmente, a fare i conti. L’operazione metateatrale è, infatti, chiaramente presente: il personaggio, in quanto spirito, vive nell’eternità, nonostante la mortalità dell’attore. Nella sua irresolutezza e irrealtà, il primo persiste così vivo nella mente dello spettatore da sembrare corpo, eterno ritorno.
Lo spettacolo, dalle cadenze realistiche nel suo esordio, si riempie di mistero e suspense in seguito, con un finale intuibile, considerata l’atmosfera offuscata e trasognata. Apprezzabile la scelta di trattare solo marginalmente la storia di Marilyn e lasciare spazio ad una storia nuova, piacevole e avvincente.
Oltre alle due attrici-interpreti, è chiara la costante presenza in scena degli spiriti di entrambi i personaggi, tanto che la stessa narrazione appare su due livelli: a dialogare sono, infatti, alternativamente le attrici e i personaggi. La messa in chiaro della complessità del lavoro attorale risulta lampante per lo spettatore: il personaggio, come “altro da sé”, rimane costantemente legato alla coscienza dell’attore, rendendo estremamente complessa la sua separazione.
Fondamentale è il personaggio del comandante, tanto bramato dalla Signora in giallo, un “Aspettando Godot” che sembra dileguarsi al suo cospetto. Il mistero che lo avvolge è accentuato dalla frequenza ripetitiva con cui muove una panca di legno al centro del palcoscenico, forse a rappresentare il timone della nave, o addirittura le lancette di un orologio e dunque il tempo che passa (o che non passa mai). Lo spettacolo, con la leggerezza delle commedie e il fascino del giallo, diventa, quindi, una dichiarazione metateatrale, un’indagine all’interno del magico mondo del teatro.