Un piatto di spaghetti alla carbonara sarebbe più buono se venisse servito in forma di conetto futuristico come solo Stefano Benni saprebbe immaginare? Probabilmente no.
Sicuramente a riguardo ci sono scuole di pensiero contrastanti.
Ma l’impiattamento di una pietanza ha ben poco a che fare con il sapore e molto più a che vedere con tutto il resto. Che uno chef sia anche un artista non è discutibile. C’è poi chi più e chi meno ama sbizzarrirsi con la componente estetica del proprio menù.
Ormai, senz’ombra di dubbio complici programmi mainstream quali Masterchef ed affini, anche i comuni mortali si sono abituati ad un approccio più creativo alla presentazione dei piatti: tra minuscole torrette di pasta servite su piatti oblunghi e riduzioni di ingredienti improbabili (perlomeno all’apparenza) che completano il piatto con una decorazione à la Pollock, non è più appannaggio di una ristretta élite godersi piatti che, a tutto dire, sono da mangiare anche con gli occhi.
Ma, com’era prevedibile, nuove frontiere si stanno aprendo e molti cuochi si stanno cimentando nella realizzazione di vere e proprie tele commestibili.
Tra questi, il danese Bo Bech, che nel 2004 ha fondato il ristorante Paustian (vincitore di una stella Michelin solo quattro anni dopo) a Copenaghen, e nel 2010, nella stessa città, il ristorante Geist.
Se il suo ultimo ricettario, “What does memory taste like?” fosse un libro di fotografia, sarebbe più interessante di qualsiasi cosa Yoko Ono abbia mai fatto.
I suoi piatti, oltre a punteggiare la sua appetitosa galleria di Instagram (@bobech) non possono che ricordare per l’ennesima volta (ma in casi molto rari ripetersi non fa così male) che il design è ovunque. Nel progettare un nuovo modo di strutturare un piatto già visto, nell’inventare nuove consistenze e sperimentare nuovi contrasti.
Ovunque vi sia creatività, ci sarà sempre un posto per parlare di design.
In questo caso, addirittura, ci si muove su un asse multisensoriale, dal momento che la funzionalità stessa dell’oggetto creato sta nel soddisfare il palato di chi ne usufruisce. Ma i piatti di Bo Bech sono molto più di questo.
Spesso è necessario leggere la didascalia che accompagna ogni foto per rendersi conto di cosa si tratti, e indovinarlo diventa quasi un gioco. Bo Bech dispone delle materie prime e ci gioca come se fossero colori primari da mischiare su una tela, creando nuove forme innaturali o somiglianti a tutt’altro. Cucina, arte e design si intersecano inevitabilmente.
Combinando estetica e gusto (perché le stelle Michelin vanno pur sempre guadagnate), approcciandosi alla cucina in modo giocoso, Bo Bech crea quotidianamente qualcosa di fresco ed innovativo per offrire un’esperienza che va ben al di là del saziarsi.
Le immagini presenti nell’articolo sono state prese dall’account Instagram @bobech