“Viaggio agli inferni del secolo”, spettacolo tratto dall’omonimo celebre racconto di Dino Buzzati, va in scena all’Istituto dei ciechi di Milano. La messa in scena rientra nella proposta culturale e antropologica di “Dialogo nel Buio”. L’obiettivo dello spettacolo è la familiarizzazione con il buio, così tanto temuto ma, in fondo, alquanto affascinante ed evocativo.
Lo spettacolo deve molto al racconto di Buzzati, il quale peraltro si presta molto alla costruzione di un quadro immaginifico piuttosto articolato. Essendo al buio, la scenografia, le luci e i costumi non sono parametri considerabili. L’attenzione è completamente rivolta agli effetti sonori e alla voce, calda e avvolgente, della narrazione. Gli “inferni” decritti da Buzzati vengono narrati da un unico attore, che interpreta dialoghi, lunghe descrizioni e più di un personaggio. L’attenzione ai particolari e alle minuzie testuali sono molte: il lavoro attorale coinvolge in modo diretto lo spettatore. Egli è, infatti, chiamato ad immaginare completamente la scenografia e gli ambienti, trasportato in un viaggio molto dinamico all’interno di una Milano non contemporanea.
Gli effetti sonori offerti non sono soltanto legati al testo; spesso, infatti, musiche e canzoni intervengono a rendere l’atmosfera più avvolgente, più familiare. Inoltre, a volte, i richiami ad oggetti (come una scala, un clacson) sono stati utili per contestualizzare e rendere possibile l’immedesimazione. La scoperta del luogo milanese, infernale, è filologica rispetto al testo di Buzzati. Lo spettacolo, infatti, sottolinea come l’inferno non sia qualcosa di fantasioso presente nell’animo dei poeti, ma sia familiare, vicino, proprio davanti a casa. Niente Divina Commedia, niente spiriti o diavoli, l’inferno è la città in cui si vive, con le sue tecnologie e innovazioni industriali.
Di certo il buio in scena permette di ampliare la concentrazione uditiva (poco sfruttata nel teatro “tradizionale”) e la capacità immaginifica. Lo spettatore diventa anche regista dello spettacolo, dispone gli oggetti, le immagini, nel buio tridimensionale e avvolgente. La mente diventa sguardo, apre spiragli alla fantasia, accende luci quasi sempre ignorate. Come sottotitolato al “Dialogo nel Buio”:
Non occorre vedere per guardare lontano.