L’Amazzonia – detta anche Foresta Amazzonica – è una foresta pluviale tropicale, un paradiso di più di 7 milioni di km² (circa 1,75 milioni di acri) situata nel Bacino dell’Amazzonia, in Sud America. La Foresta si trova per il 65% sul territorio del Brasile, ma la sue radici crescono anche in Colombia, Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana francese.
Le sorti dell’Amazzonia sono state minacciate fin dagli anni Quaranta del Novecento, quando i governi della regione hanno deciso di sfruttare le sue risorse forestali e minerarie in maniera sconsiderata e irrispettosa. I temi della sua preservazione o della sua distruzione sono argomenti non solo ecologici, ma anche economici e geopolitici. Infatti, la campagna elettorale brasiliana in vista delle elezioni presidenziali di ottobre vede la questione amazzonica al centro delle politiche ambientali.
La Foresta Amazzonica può rendere molto in termini monetari. Un’importante ricerca di B. Wuyts, A. R. Champneys, Johanna I. House pubblicata sulla rivista scientifica Nature, enuncia che un ettaro di foresta amazzonica rende ogni anno 148 dollari se trasformato in terreno da allevamento, 1.000 dollari se utilizzato per l’estrazione di legname a uso commerciale, ma soprattutto potrebbe rendere 6.820 dollari se la Foresta venisse rispettata e mietuta esclusivamente per la raccolta di frutta, lattice e legname.
Nonostante questi dati allarmanti, molte sono le attività che continuamente minacciano la regione amazzonica, ad esempio il taglio illegale di legname o il contrabbando di animali esotici da parte di aziende e industrie della grande produzione. Il degrado della Foresta Amazzonica viene inoltre causato dall’allevamento del bestiame e dall’agricoltura, che determinano più del 90% dell’impatto della deforestazione; oltre che dalla costruzione di piccole proprietà che genera il 70% delle attività di deforestazione.
Il tema ecologico è sempre stato a cuore alla politica brasiliana, ma attualmente si stanno implementando politiche agroalimentari molto invasive in ampie regioni amazzoniche, al fine di renderle uno dei principali siti di allevamento estensivo a livello globale, nonché il più esteso mercato della soia. L’allevamento in particolare sta crescendo a un tasso annuo superiore al 10%, dato che sarà destinato ad aumentare per via dell’incremento demografico e dell’aumento del consumo medio di carne.
La situazione per la Foresta Amazzonica non è dunque delle migliori. Ciononostante, alcune personalità fanno riemergere la speranza verso questo polmone della Terra. E’ il caso di Almir Narayamoga, capo della tribù amazzonica Surui, che invita a riflettere sugli effetti a medio e lungo termine di ogni tipo di intervento nella regione; come anche le lotte ambientaliste a difesa dell’Amazzonia portate avanti dal Ministro dell’Ambiente Marina Silva. Entrambi riconoscono le potenzialità economiche della regione, ma sono decisi a sfruttarle nel modo più corretto e rispettoso possibile.
Un progetto che vale la pena citare è il Redd – Reducing Emissions from Deforestation and Foreign Degradation – finanziato dall’Onu e al quale ha partecipato la popolazione tribale Surui di cui sopra: prevede la distribuzione del 10% del reddito generato alle popolazioni locali non tribali, come dimostrazione della capacità della Foresta Amazzonica di generare lavoro e reddito senza che quest’ultima venga degradata e la sua sopravvivenza minacciata: basterebbe lavorare in un’ottica di preservazione e sostenibilità.