Thomas Mann è il nome di spicco del Novecento letterario. Amato da milioni di lettori per le grandi (e ancora attualissime) tematiche affrontate, dall’arte al pacifismo, Mann vinse il premio Nobel nel 1929, un momento assai delicato per la Germania di Weimar che si trovava sull’orlo del precipizio.
Le pagine di Thomas Mann sono incantevoli, il lessico è scelto con una cura magistrale, tanto ricercato quanto paradossalmente spontaneo e interiore; è risaputo altrettanto che la lunghezza dei periodi conserva l’eredità di un decadentismo fatto da (auto)celebrazione e amarissima ironia. Ci sarà un motivo se tra i germanisti corre il detto “chi sa leggere Thomas Mann in lingua originale, può ritenersi un madre lingua tedesco”. O almeno così mi hanno insegnato
Per tutta la sua vita Mann si dedicò alla scrittura, producendo una vastità di pagine tra racconti, romanzi e saggi da cui veniamo a sapere quanto la breve novella Tonio Kröger (1903) fosse la sua opera prediletta. Il motivo di tale affetto è l’ombra del giovane Tonio che proietta, attraverso un centinaio di pagine, l’essenza dello scrittore.
Il giovane Tonio Kröger è (e in eterno sarà) Thomas Mann, Thomas Mann fu il giovane Tonio Kröger. Entrambi confluiranno poi nella figura dell’anziano Aschenbach, il celebre protagonista della Morte a Venezia (Der Tod in Venig 1912) e prototipo ideale dell’epigono, artistico, letterario ed esistenziale.
Ma per arrivare alla morte del “Mondo di ieri” prima bisogna immergersi dentro la vita, penetrarla e tentare di comprenderla. E proprio questa consapevolezza è il problema dell’artista novecentesco, concetto già espresso in Un’ora difficile, un racconto (edito in Cane e Padrone della Feltrinelli) forse non molto famoso ma che varrebbe la pena recuperare per comprendere (in un’ora) la concezione artistica di Mann.
Nella vita di Tonio sorge un insormontabile conflitto tra la libertà implicita dell’arte e la quotidianità imposta della vita borghese, piena di regole ed etichette. Un dualismo che tanto in Tonio quanto in Mann ha presupposti nelle origini dell’artista: il rigore del padre, commerciante del mar Baltico (Mann era originario di Lubecca) e la sensibilità della madre, proveniente dall’Europa meridionale. L’eterno ritorno dunque della tragedia classica secondo Nietzsche: Apollineo e Dionisiaco. Crescendo Tonio si rende conto della propria diversità rispetto a quella dei coetanei, rispetto alla vita degli amici e amati Ingeborg e Hans. La sensibilità di Tonio si alterna costantemente tra “dono divino” e “dannazione eterna”, che lo rende ora protagonista ora emarginato. Come fa notare il celebre letterato Anton Reininger “il mondo di coloro che non hanno bisogno di spirito gli si figura nel paradiso perduto dell’immediatezza vitale”.
La profonda ricerca dell’alter-ego di Mann risulta dunque una “guida”: il libro da avere sempre sul comodino attuale e indispensabile per tutti quei giovani che mai come in questo periodo storico si affacciano all’arte tra passione e velleità, (e come aggiungerebbe Mann in uno dei suoi saggi) tra velleità e passione.
Tonio Kröger: la crisi dell’artista tra pubblico e cenacolo di Anna Maria Giachino in Tonio Kröger, Torino, Einaudi, 1993
Nel senso dell’imperialismo in Storia della letteratura tedesca di Anton Reininger, Torino, Rosenberg & Sellier, 1986