Re Leopoldo II regnò sul Belgio nel periodo che va dal 1865 al 1909. In questo paese si comportò senza dubbio come un monarca riformista: incentivò grandi opere pubbliche, appoggiò una legislazione sociale progressista, e sostenne il suffragio universale maschile. Invece, nel suo territorio personale, il Congo, diede vita a uno spietato regno caratterizzato da infiniti soprusi. Paradossalmente, mentre in Belgio vigeva una democrazia all’avanguardia, in Congo dominava una terribile dittatura.
Il Congo, negli anni precedenti l’arrivo dei belgi, confinava con domini francesi, britannici, tedeschi e portoghesi. Questi non volevano che qualcuno tra loro potesse mettere le mani su un’area tanto ricca ed estesa. Sfruttando queste rivalità, Leopoldo riuscì a inserirsi nelle contese e a instaurare il suo personale controllo. Prima della conquista, resosi conto del bisogno di dover camuffare il suo interesse tramite una retorica scientifica e umanitaria, patrocinò la creazione di postazioni accoglienti e concilianti al fine di abolire la tratta schiavistica presente allora. Fondò così l’Associazione internazionale del Congo e invitò un esploratore famoso, Henry Morton Stanley, a prenderne parte.
Finanziato dal re belga, Stanley, tra il 1879 e il 1884, si inoltrò fino al basso Congo, stipulando trattati con le popolazioni indigene che incontrava. Queste, spesso obbligate con la forza, furono costrette a cedere i propri territori a Leopoldo, il quale delimitò i confini artificiali dei possedimenti. Venne così a crearsi lo Stato libero del Congo. Questo regno in patria venne riconosciuto con riluttanza, dando così la possibilità a Leopoldo di trasformarlo in un dominio personale. Mai prima d’ora una colonia era appartenuta a un sol uomo.
Iniziò così lo sfruttamento del nuovo territorio acquisito. In particolare, l’interesse verteva sull’ottenimento dell’avorio e del caucciù. Quest’ultimo divenne presto materia di dibattito internazionale, viste le spregevoli condizioni in cui i sudditi, schiavizzati, si trovavano. Gli estrattori di caucciù venivano di fatto obbligati a lavorare intere giornate e, nel caso si rifiutassero, le autorità coloniali prendevano come ostaggi i loro figli e le loro mogli.
Per quanto Leopoldo e i suoi funzionari avessero cercato di presentare il Congo come una “colonia modello”, presto tutto il mondo si accorse che era presente un lato ben più oscuro. Un mondo spietato fatto di vessazioni, uccisioni, stupri, infanticidi, mutilazioni e altre atrocità si celava dietro lo sfruttamento del territorio. Infatti, gli studiosi parlano di circa 10 milioni di morti durante il periodo leopoldiano, e uno scrittore celebre come Arthur Conan Doyle (il creatore di Sherlock Holmes) affermò che i crimini perpetrati in Congo erano i più grandi mai conosciuti fino ad allora.
Il 15 novembre 1908, dopo le numerose pressioni interne e internazionali, il re decise che era arrivato il momento di cedere il possesso personale della colonia. Così il Congo venne annesso al Belgio (che ne mantenne il controllo politico fino al 1960). Lo sfruttamento non finì certo con questo passaggio, tuttavia gli abusi peggiori terminarono e venne instaurato un sistema più “razionale”. Infine, re Leopoldo II si spense nel dicembre del 1909. Alcuni giornalisti sostennero sarcasticamente che la sua morte fosse stata causata dalla sofferenza dovuta alla perdita del Congo.
FONTI
Carlo A. Caranci, Crimini nel Congo belga, in << National Geographic Storica>>, n°111 (2018), pp. 92- 107