Gli uomini non piangono: da David Bowie alla DPG

Se si parla di sessismo o si cerca di combattere le discriminazioni di genere si tende a concentrarsi sulle sofferenze e difficoltà che subiscono le donne all’interno della nostra società. Giustissimo: le donne continuano a essere pagate meno degli uomini per lo stesso lavoro, i femminicidi aumentano di giorno in giorno, la sessualizzazione del corpo femminile nei media sembra non avere fine e anche nella quotidianità non riusciamo a smettere di usare appellativi denigratori e relativi alla sfera sessuale, per riferirci a quella ragazza che ci sta tanto antipatica.

Ieri sera però, mi sono addormentata ascoltando Boys don’t cry dei Cure.

Canzone del 1979 che, come si può dedurre dal titolo, fa riferimento invece alle pressioni che gli uomini subiscono per non apparire deboli, fragili. Infatti nel ritornello Robert Smith, il fondatore di questa band inglese, canta:

“So I try to laugh about it
Cover it all up with lies
I try to laugh about it
Hiding the tears in my eyes
Because boys don’t cry”

Insomma dopo aver subìto una delusione amorosa, per un ragazzo è difficile esternare i propri sentimenti, perché gli è stato insegnato che “i ragazzi non piangono”. In generale, i ragazzi non piangono perché sono soggetti ad una serie di pressioni sociali. Infatti secondo recenti studi stanno aumentando i disagi mentali e fisici – prima riscontrati prevalentemente nel caso delle ragazze (come disordini alimentari e sintomi depressivi legati all’insicurezza) -gravanti sui giovani adolescenti. Come per le donne è rilevante il ruolo giocato dall’educazione e dai mass media che veicolano, in molte occasioni, messaggi machisti, che sottolineano aspetti legati alla forza fisica, alla negazione delle emozioni, alla dominanza sessuale maschile.

Negli anni ‘70 però non era così, anzi con la moda del glam rock, erano tantissime le band metal che proponevano un’immagine maschile completamente nuova. I T. Rex, le Twisted Sister (nella foto), i Kiss e molti altri si truccavano e travestivano da donne, proponendo una maggiore libertà, almeno nell’abbigliamento.

Il vero profeta del glam era però David Bowie, che con i suoi mille personaggi confondeva i confini di genere, mettendo in scena ogni volta un individuo diverso, che sfidava qualsiasi etichetta sociale. Tra i suoi alter ego più famosi c’era Ziggy Stardust, con cui interpretò la famosa Space Oddity.

Al giorno d’oggi invece sono pochi gli artisti così estrosi da cercare di creare una nuova immagine di uomo, meno machista e più libera dalle convenzioni. Ultimamente forse ci si può riferire solo alla scena trap, in particolare ai membri della Dark Polo Gang, che, in maniera più o meno consapevole e ironica, mettono in scena anche loro personaggi che superano le convenzioni di genere. I componenti della gang si chiamano affettuosamente “fratellini“, si baciano in bocca, amano accessori femminili come orecchini, foulard, pellicce vistose, catene diamantate e adorano marche come Gucci, Ferragamo e Fendi.

Insomma la Dark Polo Gang utilizza un linguaggio completamente diverso da quello virile e arrabbiato a cui siamo più abituati nella musica rap. E anzi, propongono un’immagine maschile che forse può spingere la nuova generazione a mettere in discussione l’immagine di uomo-macho.

Purtroppo però oltre all’estetica e all’apparenza di certi artisti difficilmente si parla nei testi delle discriminazioni e pressioni che subiscono anche gli uomini nella nostra società. Infatti si tende a parlare del machismo solo rispetto alle conseguenze negative che ha sulle donne, mentre provoca disagi mentali anche agli uomini, che si sentono costretti a negare le proprie debolezze, reprimere le proprie emozioni e nascondere le proprie lacrime.


FONTI

Deumanizzazione: Come si legittima la violenza di Chiara Volpato, GB Editori Laterza

rockit

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