Gian Lorenzo Bernini dovette molte cose a suo padre. Egli fu il suo maestro ed in breve tempo gli fece apprendere una straordinaria tecnica scultorea che valse l’attenzione di notevoli committenti. Uno tra questi si rivelò fondamentale. Si trattava del nipote prediletto di Papa Paolo V, che dopo aver compiuto studi di giurisprudenza, dal 1605 venne indirizzato alla carriera ecclesiastica e venne nominato cardinale dallo zio, il quale gli diede contemporaneamente le insegne di casa borghese: Bernini fu chiamato al cospetto del cardinale Scipione Borghese.
Nel primo decennio del suo cardinalato Scipione Borghese si costruì un’immagine di principe, innalzando palazzi grandiosi, mettendo insieme la sua collezione d’arte e facendosi protettore degli artisti. Appassionato di studi scientifici, il cardinale coltivava anche un interesse per la musica, che egli stesso eseguiva nella sua villa, dove possedeva numerosi strumenti. Tra i suoi progetti vi era infatti quello di abbellire la sua villa suburbana di Porta Pinciana a Roma, a noi nota come Galleria Borghese e fu per questo scopo che chiamò il giovane scultore nato a Napoli e cresciuto nella città dei papi.
Bernini, ben contento di soddisfare i desideri del suo primo quanto significativo mecenate, dovette realizzare quattro sculture per le quali diede il meglio di sé ed infatti in queste opere, realizzate tra il 1618 e il 1625, egli rivelò le sue straordinarie doti che gli valsero poi l’attenzione di ben cinque pontefici.
Oggigiorno il primo gruppo marmoreo che si incontra nell’emozionante Salone d’Ingresso dell’antica villa del cardinale Scipione tratta del Ratto di Proserpina.
La quiete nel caos, l’istantaneità nella velocità, la tensione nell’azione ed un grido senza suono. Questo è ciò che Bernini descrive e scava nel pregiato marmo bianco, catturando l’unico ed irripetibile attimo in cui tutto si ferma, il destino cambia volto e la sorte della figlia di Cerere è segnata. Proserpina è stata catturata.
Plutone sfreccia sul suo carro, i nitriti dei cavalli si uniscono al frastuono della corsa ed al latrato di Cerbero, il cane a tre teste. È tutto un gran tumulto. Il terribile re degli Inferi ha fretta, non può perdere l’attimo. La vede in lontananza e si prepara all’azione. Proserpina, leggiadra ed incantevole, raccoglie fiori lungo il lago di Pergusa presso Enna. È giunto il momento. Plutone le si avvicina e l’afferra con le sue possenti braccia. È così che la lotta ha inizio: la giovane non si rassegna, si dimena per sfuggire alla morsa. Preme con forza il braccio sul volto del dio per spingerlo lontano da sé e agita le gambe sperando di divincolarsi dalle sue grinfie. Il terrore, evidente negli occhi di Proserpina, prende il posto del coraggio.
Plutone, caparbio, insiste ed affonda le dita nella morbida carne della giovane, privandola dell’ultima possibilità di libertà. Lacrime di disperazione scivolano sul bellissimo volto della figlia di Cerere. Era sua.
Bernini, appassionato delle Metamorfosi di Ovidio, rappresenta uno dei miti più cari al mondo antico, quello connesso al tema del susseguirsi delle stagioni, per mezzo di un’originalissima torsione elicoidale dei corpi nello spazio. Bernini sintetizza in un’unica immagine il susseguirsi della storia. Bernini unisce alla perfezione compositiva del gruppo scultoreo con l’accentuato dinamismo dei protagonisti, che incedono e si muovono nello spazio. Con lo scalpello Bernini diviene un pittore dimostrandosi abilissimo nella resa dei morbidi effetti di luce sulla pelle palpabile. Lo scultore inoltre, crea una doppia lavorazione del marmo per rendere il tutto verosimile. Bernini distingue la levigazione finissima dell’incarnato delle figure da quella degli elementi naturali o semplicemente di contorno. In questo caso lo scultore plasma il cane a tre a teste in modo del tutto differente dai più evidenti soggetti utilizzando la gratina, uno scalpello dentato utile per ottenere degli effetti chiaroscurali simili ad un tratteggio incrociato.
Questa doppia elaborazione è maggiormente evidente nel gruppo eseguito subito dopo, anch’esso tratto da un episodio delle Metamorfosi affrontato spesso nella pittura e per la prima volta in scultura: l’episodio di Apollo e Dafne. Nel testo si narra come una bella fanciulla, per sfuggire dalla passione di Apollo, ottenga dal proprio padre (Penèo, dio dei fiumi) di trasformarsi in pianta di alloro (in greco ‘dafne’). Qui la levigatezza delle membra dei protagonisti è in netto contrasto con l’elaborazione della ruvida corteccia dell’albero. Il tocco distintivo di Bernini compare nella resa delle foglie, nel complicato intreccio di capelli e dita delle mani di Dafne, realizzati con un’insuperabile leggerezza. Questo gruppo è considerato l’opera più sublime dell’artista che stato in grado di rappresentare la metamorfosi che comincia dal basso: Dafne avvertita la presa del dio, si volta urlando senza avvedersi che il suo corpo ha iniziato a ricoprirsi di foglie e la sua pelle a trasformarsi in dura corteccia. Apollo, seppur stupito ed incredulo, non rallenta la sua corsa: sotto la corteccia sentiva ancora battere il cuore della ninfa.
Contemporaneamente Bernini si concentra sull’esecuzione di un’altra scultura per il cardinale, divenuta anch’essa celeberrima. Si tratta del David, colto nell’attimo in cui sta lanciando con la fionda la pietra contro il gigante Golia. L’eroe biblico è sorpreso nel momento di massimo sforzo, in una smorfia di intensa concentrazione: lo scultore dona al suo David il proprio volto. Bernini ancora una volta cattura l’istante di massimo sviluppo dinamico e gestuale, costruendo una sorta di avvitamento serpentinante della figura su se stessa. Un fremito di energia percorre l’intero personaggio, dalle nervose dita dei piedi fino alla testa, coronata dalla chioma morbidamente ricciuta.
Infine tra le opere realizzate per il cardinale Scipione vi è il gruppo scultoreo di Enea, Anchise e Ascanio che fuggono da Troia. È il gruppo meno noto, ma è stato realizzato per primo perché doveva essere dato in dono allo zio, Papa Paolo V. I tre soggetti maschili rappresentano il ciclo della vita, Bernini realizza con essi le tre età dell’uomo con le sue enfatizzanti caratteristiche: la tenera rotondità dei bambini, la forza degli adulti e il deperimento degli anziani, le cui pieghe della pelle sono contraddistinte da un’incantevole morbidezza.
FONTI
Studio e visita diretta da parte dell’autrice