La morte di Bunny Munro: il viaggio di un padre verso la redenzione

L’eclettismo di Nick Cave è noto a tutto il mondo oramai da parecchi anni. Il cantautore australiano, autore di più di 10 dischi, può infatti contare all’attivo numerose comparse sul grande e piccolo schermo (recentemente gli è stata addirittura dedicata una graphic novel:https://www.losbuffo.com/2018/04/12/nick-cave-mercy-on-me-la-graphic-novel-della-cattiva-semenza/), oltre alle più recenti composizioni di colonne sonore e sceneggiature cinematografiche.

Dopo E l’asina vide l’angelo, La Morte di Bunny Munro è il secondo romanzo scritto da King Ink, epiteto guadagnatosi per la verbosità delle sue canzoni. Con un soprannome del genere non c’è da stupirsi se la vena artistica di Nick Cave, al secolo Nicholas Edward Cave, sia confluita nella prosa.

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Nick Cave

La storia è incentrata su un viaggio padre-figlio lungo le coste dell’Inghilterra. Bunny Munro è un commesso a domicilio, un venditore di prodotti per bellezza alle prese coi proprio fantasmi dopo il suicidio della moglie; trauma difficile anche per il piccolo Bunny Junior, verso il quale si prova una forte empatia fin dalla prime pagina del romanzo.

Simbolo del fallimento dell’uomo moderno, schiavo del droghe e del sesso (ha sviluppato una vera e propria ossessione per Kylie Minogue) Bunny decide di portare con sé il figlio lungo il viaggio della propria redenzione in un’altalena di emozioni, capace di far cambiare l’umore del lettore ad ogni pagina.

L’origine del romanzo è bizzarra e stravagante quasi quanto le pagine del romanzo, nonostante i temi toccati siano trai i più profondi e intimi dell’animo umano. Da parecchi anni Cave “aveva in cantiere”, o per lo meno abbozzato, un libro sulla famiglia e sulla redenzione ma altri impegni (come i contratti discografici) avevano sempre avuto la precedenza, finché un giorno al Nostro non venne proposto di lavorare alla sceneggiatura de La Strada, l’adattamento cinematografico del romanzo di McCarthy, edito in Italia nel 2007 da Einaudi.

Cave rifiutò di lavorare alla sceneggiatura viste le somiglianze riscontrate con le prime bozze di Bunny Munro, preferendo lavorare al comparto sonoro, di cui è autore assieme al fido Warren Ellis. La partecipazione al film è stata comunque un importante stimolo per la stesura definitiva del romanzo. Il celebre autore Irvine Welsh (Trainspotting, 1993) definisce La Morte di Bunny Munro un mix di “orrore e umanità, spesso appena mascherati da spassosa cavalcata” proprio come se il romanzo fosse stato scritto proprio da “McCarthy e Kafka insieme in un alberghetto sul lido di Brighton”, dove attualmente King Ink risiede.

Effettivamente le influenze pulp e grottesche sono innegabili, ma è altrettanto vero che Nick Cave ha saputo rielaborare il canovaccio “padre e figlio” arricchendolo di tanti spunti autobiografici. “Nel bel mezzo del cammin” della sua vita Bunny Munro, alter ego di Nick Cave, si vede costretto ad affrontare la perdita della moglie suicida e la conseguente responsabilità di dover crescere un figlio, che fuori dalla finzione letteraria ha recentemente perso. Un uomo perso, in viaggio alla ricerca di una redenzione, nulla di più “dantesco”. Le allegorie sono scandite anche dalla tripartizione del romanzo in tre grossi porzioni principali (come le cantiche della Commedia) per un totale di 33 capitoli totali, il numero per eccellenza di Dante.

Con La morte di Bunny Munro si ride, si piange e ci si guarda in uno specchio, seppur grottesco, certamente più sincero di una pubblicità della Mulino Bianco. Niente male per un romanzo che secondo lo stesso autore “non si prende troppo sul serio”.


FONTI
Nickcave.it 
The death of Bunny Munro di Nick Cave, 2009, Edinburgh, Canongate Books ltd.
La morte di Bunny Munro di Nick Cave, 2009, MIlano, Feltrinelli editore

 

 

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