Tempo di preparazione: 62 anni
Dosi per: filosofi analitici (soprattutto)
Difficoltà: madornale
Per ottenere un buon Ludwig Wittgenstein incominciate prendendo un viennese. Tiratelo fuori dall’anno 1889 (annata eccellente per i nostri scopi) e riponetelo per ultimo in una famiglia colta e agiata di 8 figli, di cui 4 (è bene saperlo fin d’ora) verranno poi passati nel setaccio del suicidio. Impastatelo quindi con un’educazione insolita e privata fino all’età di 14 anni, in modo tale che non riesca a passare l’esame d’ammissione al ginnasio.
Dopodiché spostate il tutto in una scuola secondaria, ma assicuratevi (è fondamentale) che sia la stessa frequentata da Adolf Hitler (nello stesso periodo, non un altro, mi raccomando). A questo punto incorporate il carattere difficile (passaggio importante e delicato, si capirà solo in seguito perché) e una spruzzatina di bizzarria che avrete precedentemente messo in ammollo, a cui aggiungerete solo in un secondo momento dell’omosessualità q.b.
Il risultato dovrebbe assomigliare in tutto e per tutto a quanto mostrato in foto. Lasciate quindi riposare negli studi di ingegneria per qualche anno.
Intanto prendete il resto degli ingredienti e infilatelo a insaporirsi a Cambridge, così che possa contaminarsi con alcune delle menti più brillanti del tempo, facendo attenzione che tra di loro ci sia almeno un Nobel (Bertrand Russell andrebbe a meraviglia). Portate a ebollizione la prima guerra mondiale e immergeteci il composto. Una volta sbollentato per bene, riponetelo al fresco (una prigione di guerra in Italia dovrebbe fare al caso vostro).
A questo punto dovreste aver ottenuto un impasto di modeste dimensioni, il cosiddetto Tractatus logico-philosophicus. Non preoccupatevi di ciò, perché (se avete seguito le istruzioni alla lettera) il suddetto Nobel dovrebbe fare il suo dovere. Con l’introduzione di questo prezioso ingrediente l’amalgama si gonfierà fino a diventare una delle opere filosofiche più influenti di tutto il XX secolo. Quando ciò sarà avvenuto, avrete gettato le basi della filosofia analitica, che qualunque british gentleman non esiterebbe a definire il principale bene di conforto della nazione, più della regina o del tè alle 5 in punto. Tuttavia non sarete che a metà strada.
Per passare alla fase successiva, unite i due composti fin qui ottenuti e procedete aggiungendo una scodellata di populismo cristiano (marca Tolstoj). Durante queste ultime operazioni dovrebbe essersi formata una cospicua eredità (del padre, il più importante imprenditore nel settore metallurgico di tutto l’Impero austro-ungarico). Niente paura, finirà nelle mani dei fratelli e (perché no?) dei soliti intellettuali squattrinati (tra gli altri: Rainer Maria Rilke, Georg Trakl, Oskar Kokoschka e Adolf Loos). Se tutto va bene, il processo dovrebbe avvenire spontaneamente (il composto si libererà da sé dell’eredità, grave impiccio). In caso contrario, aggiungete altro Tolstoj.
Se spostate l’impasto dalla vita accademica per riporlo a fare il maestro elementare in qualche sperduto villaggio austriaco, vedrete che inizierà a emergere uno strano metodo pedagogico (lo capirete dal fatto che i compaesani lo accuseranno di maltrattare fisicamente gli alunni; lui negherà per un bel po’ di tempo, ma alla fine vuoterà il sacco). Fatelo, e poi riponete il composto in un monastero q.b. (che ivi faccia il giardiniere non ha importanza). Verificate quindi che il risultato corrisponda all’immagine sotto.
Passiamo così alla fase finale. Rinfilate il preparato a Cambridge, in maniera tale da ottenere un professore di filosofia. A questo punto è la volta della capanna in Norvegia, dove lascerete il professore a stagionare per un annetto circa. Stendetelo poi sul tavolo per qualche anno finché non ne escono le Ricerche filosofiche. Quello che ne risulta dovrebbe essere molto diverso (per certi versi addirittura contraddittorio) rispetto al Tractatus. Bene così. Un buon filosofo si riconosce soprattutto per il fatto di non essere d’accordo con nessuno, a partire da se stesso.
Riportate a ebollizione la guerra mondiale (la seconda) e con un ruolo da lettighiere immergete nuovamente il tutto. Alla fine del conflitto tiratelo fuori e scolatelo con cura.
Prendete quindi una conferenza capiente e aggiungete un intervento di marca (si consiglia la Karl Popper). Coprite e mettete a fuoco vivace. Quando in mano al professore vedrete spuntare un attizzatoio brandito a mo’ di sciabola (se ciò non accade, aggiungete ulteriore Karl Popper e ripetete il procedimento), saprete che la lite è accesa (ora capite l’importanza del caratteraccio). Non vi preoccupate, non siete incappati nella ricetta per lo spadaccino da salotto. Quello è semplicemente il momento di togliere il professore dalla conferenza, e alla svelta. Il Nobel verrà in vostro soccorso anche in quest’occasione.
Fatto ciò, ormai ci siete. Lasciate riposare fino al ritiro dalla cattedra nel 1947. Dovreste ottenere qualcosa del genere (l’immagine è ancora una volta a solo scopo illustrativo).
Aggiungete per finire una presa di tumore fatale (annata 1951) e decorate a piacere con interpretazioni e fraintendimenti. Et voilà, ecco a voi un Ludwig Wittgenstein coi fiocchi!
Gillies e G. Giorello, La filosofia della scienza nel XX secolo, Laterza, Roma-Bari 2010