“Ti amerò di un amore nuovo”, il voto di Apollinaire

«Mia Lou, […] ti amerò di un amore nuovo»: questo voto è -insieme- inizio e fine di Apollinaire e Lou.
E in quei punti di sospensione, l’intermittenza del loro amore.

Che il poeta Guillaume Apollinaire scrivesse alla contessa Louise de Coligny-Châtillon è noto.
Ma non dall’epistolario pubblicato da L’Orma editore: in queste lettere, la contessa non è mai chiamata col suo nome per intero.
Lou, mia adorata Lou, mia cara, mia Lou, Lou adorata, Amore… Lou: un nome rapido, affusolato, vezzoso, come un singhiozzo, un piccolo gemito. Nomen omen, ci dicono i latini; e in questo nome seducente si specchia la donna disinibita, brillante, sfuggente, almeno per quello che ci è dato conoscere di lei.

Delle persone inafferrabili ricordiamo con più gelosia le apparizioni: la data è quella del 27 settembre del 1914. Il ristorante Boutteau, in una vecchia Nizza, fa da scenario; e la nostra immaginazione non potrebbe chiedere più poesia per il primo incontro di Guillaume e Lou. La sera, i due sono ancora insieme e fumano oppio da Borie de la Merline.

La prima lettera è datata 28 settembre 1914: “Avendovi detto questa mattina che vi amavo, o mia vicina di ieri sera, ora provo meno imbarazzo a scrivervelo. […] Sono trascorse appena ventiquattr’ore da quel momento, e già l’amore mi prostra e mi esalta”.
Se vogliamo, l’epistolario comincia in medias res: Apollinaire si è già innamorato e già si è dichiarato. Tutto in una sera.

Il poeta non è avvezzo alle droghe. Sono i fumi a parlare per lui? è quell’ebbrezza lì a farlo dichiarare così in fretta? Non lo credo.

Sono gli occhi di Lou, occhi da cerbiatta, e la sua bocca tesa a mo’ di arco, che, imperativi, chiedono l’amore, che non lasciano altra possibilità, se non di dichiararsi così, vertiginosamente e furiosamente? A leggere Apollinaire, sembrerebbe questa l’ipotesi più vicina al vero.

Nell’opacità dell’oppio e di una Nizza novecentesca molti inizi si intrecciano: è l’alba della prima guerra mondiale, dell’amore di Apollinaire per Lou e, a suo modo -il modo di una donna generosa con diversi uomini- quello di Lou per Apollinaire, è l’avvio di un epistolario, quasi una partita a scacchi, metaforica ovviamente, vertiginosamente metaforica, anche.

La piccola Lou scopre subito le sue carte, dice a Guillaume di non affezionarsi a lei, lei che è una donna libera, lei che paragona gli amanti ai fiori del suo bouquet, lei che è già legata in modo particolare a Toutou, un artigliere di stanza al quale Guillaume non manca mai, nonostante tutto, di mandare i suoi saluti. Ma la piccola Lou è imprevedibile e non si sottrae comunque al poeta, si concede. Si inaugura per i due la fase più compiuta del loro amore, la fase sulla quale più possiamo immaginare, perché poche lettere la raccontano: si vedono spesso a Nizza e cambiano scenario con piccole e continue fughe. Il loro amore è carnale, ansiosamente consumato, affannosamente ricordato nelle lettere: “che ti adoro, che ti desidero, che sto pensando alla tua squisita nudità da Salomè, scossa ed eccitata di fronte alla testa mozzata di Battista”.

Intanto, il poeta parte volontario per il fronte. Arriva anche -forse troppo presto- l’inversione di rotta di questa partita a scacchi: cominciano le lontananze, o le minacce di lontananza, l’incostanza e il timore dell’incostanza. Lou non può rinunciare a quella vita condotta con libertà selvaggia, e Guillaume si vede costretto ad accettare un’amicizia erotica.

Allora cerca la gloria nella carriera militare. Ma il valzer di Lou è seducente e imperdonabile: il giorno dopo la partenza, raggiunge Gui. Passano insieme una settimana, e Apollinaire è sempre più schiavo di desiderio e sempre più sofferente di schiavitù.

Intanto il poeta incontra sul treno un’insegnante di francese e si interessa a lei; i mesi passano e si allungano i periodi di silenzio epistolare tra Gui e Lou. Capita anche che il silenzio si interrompe, e quando succede, le lettere sono di nuovo slanci disordinati e passionali, ardenti ed erotici. E poi ancora l’indifferenza.

Ma Apollinaire ha bisogno della totalità, dell’intensità e questo ribadisce. Le mancanze di Lou si susseguono più numerose e insostenibili. Si lasciano infine; in modo atipico, come atipicamente si sono amati. Apollinaire pronuncia il voto: arriverà un amore nuovo, ecco che la amerà come si ama l’amore, come si ama una dama dei tempi medievali.

Lou è ancora la compagna di Toutou, Apollinaire chiede la mano di Madeleine. Ma questo, del loro amore nulla cambia. Guillaume le scrive ancora, qualche volta, le dice di non prendersela nella vita, di elevarsi sempre, le augura “begli amori e molta felicità”; e non cerca più di domarla. È un amore nuovo.

“L’epilogo lo conosciamo dal comune amico André Rouveyre. Si rincontreranno un’ultima volta, per caso, nel 1917 o nel 1918, in place de l’Opéra a Parigi. Possiamo immaginare la scena: i due appartati per pochi minuti sotto un grande portone giallo tra un gioielliere e un rivenditore di caffè, le diverse tensioni interne, i conseguenti silenzi imbarazzati di chi ha al contempo troppo da comunicare e nulla da dirsi, qualche rimprovero, un po’ di delusione, forse della freddezza. Poi l’ultimo sguardo prima di tornare alle rispettive compagnie, quello di chi già sa che non si rivedrà più”.


Frase pubblicizza: Le lettere di Apollinaire a Lou: l’ombra di un amore

FONTI

Fonte 1: Guillaume Apollinaire, Ti amerò di un amore nuovo, Roma, L’Orma editore, 2016


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