Dialetto sì, dialetto no: la rivincita nella musica contemporanea

Se pensiamo a canzoni in dialetto è facile che ci vengano in mente i grandi cantautori italiani, che hanno sperimentato utilizzando forme o veri e propri idiomi regionali nella loro musica.

Come ad esempio De Andrè con Crêuza de mä, album interamente cantato in genovese, vera lingua madre del cantante, che, in diversi secoli di commerci, scambi e viaggi, di cui il popolo ligure è stato protagonista, si è arricchita come una corona di tante gemme linguistiche di diversa provenienza. Per non parlare della canzone napoletana e della sua grande fortuna: artisti come Pino Daniele hanno raggiunto un successo addirittura internazionale. E ritornando al Nord, non si può non citare La Milano di Enzo Jannacci, album d’esordio del cantante, formato interamente da pezzi cantati in dialetto milanese, e contenente uno dei suoi capolavori, El portava i scarp del tennis.

https://www.youtube.com/watch?v=Bm850PB-vj0

 

La tendenza alla poliglossia si è dunque rivelata vincente per diversi artisti del passato, ma anche negli ultimi tempi si può osservare un vero boom dell’utilizzo del dialetto in musica. Un facile esempio è la canzone che un po’ tutti abbiamo canticchiato la scorsa estate, quando il romano Mannarino ha raggiunto la notorietà con Me so’mbriacato, canzone perfetta per ballare attorno a un falò, magari tirando su un po’ la gonna per evitare che si sporcasse troppo di sabbia.

Ma il dialetto romano non si è fermato a Mannarino e, anzi, ha fatto un grande ritorno anche nella musica pop e trap. Mi riferisco non solo all’accento del duo Carl Brave x Franco126, ma anche a quello di tutti gli altri sbandati transteverini che si ritrovano ai 126 scalini di Via Dandolo, come Ketama126, Pretty Solero, Asp126 e Ugo Borghetti.

E parlando del grande ritorno del dialetto non si può non citare il misterioso Liberato. Un cantante napoletano senza volto, di cui non siamo certi della reale esistenza, ma che nel frattempo sforna successi che sanno di corse in motorino a Mergellina, di passeggiate ‘ncoppa il lungomare di Procida, ma anche di una Napoli che vuole riscattarsi dai suoi stereotipi.

Inoltre quest’estate esce il nuovo album dei salentini BoomDaBash, band un po’ hip hop e un po’ reggae, formata tra le province di Brindisi e Lecce.

Questo gusto per le varietà linguistiche colorite però non si ferma solo al Sud, ci sono grandi cantautori anche al Nord, come Davide Van De Sfroos, che nell’estate del 2017 ha cantato in dialetto comasco davanti al grande pubblico dello stadio di San Siro di Milano, te capì?

È evidente quindi che il dialetto, se un tempo poteva rappresentare un ostacolo per l’unità del nostro Paese, oggi rappresenta invece un modo per ricordare le nostre origini e la nostra storia.

E allora avevano ragione i Sud Sound System quando cantavano:

“Se nu te scierri mai de du ede ca ieni

Dai chiu valore alla cultura ca tieni!”


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