La prima domenica di maggio è la Giornata Mondiale della Risata, istituita nel 1998 per ricordare il senso di solidarietà e leggerezza che si crea tra persone di ogni provenienza, sesso ed età, tramite una risata.
Una famosissima tela intitolata proprio La risata è stata realizzata da Umberto Boccioni (1882-1916) tra il 1910 e il 1911.
Se la ricorrenza mondiale si propone di celebrare il senso di vicinanza che si crea grazie al riso, la tela del pittore futurista ha uno scopo diverso: Boccioni era interessato, in quel periodo, a realizzare una trascrizione emozionale di un sentimento umano, utilizzando linee e colori. Dipingendo La risata non intendeva celebrare la felicità in quanto tale, ma piuttosto concentrarsi sulla pittura di stati d’animo, i quali diventano i veri e unici soggetti della tela.
Nel 1911 Boccioni ha ventinove anni, è un artista di origini calabresi, cresciuto a Roma e formatosi tra la capitale e Milano, dove si sposta nel 1907. A Roma ha conosciuto Gino Severini e Giacomo Balla che lo hanno introdotto alla pittura divisionista. A Milano conosce, tra gli altri, Luigi Russolo e Carlo Carrà, con i quali redige e firma nel 1910 il Manifesto dei Pittori futuristi.
Il 1911 è un anno fondamentale per il Boccioni: il suo stile si modifica velocemente. Dalle pennellate divisioniste allungate, si sposta verso un linguaggio e temi che meglio rispecchiano le idee futuriste: la forza delle macchine, della tecnologia e della città, la velocità con cui la città va a sostituirsi alla campagna – e Boccioni ha un posto d’onore come spettatore, dalla finestra della sua abitazione in Porta Romana,- il dinamismo e il cambiamento repentino dei tempi.
Tutti questi temi confluiscono nel Manifesto e nella pittura futurista.
Boccioni è da un lato interessato a queste tematiche, e dall’altro segue un percorso personale, incentrato sulla pittura degli stati d’animo.
Entrambi questi obbiettivi confluiscono nel suo primo trittico pittorico, di cui La risata fa parte.
È il primo di una serie che si concentra sulla resa pittorica delle emozioni umane, e comprende Il lavoro (La città sale), realizzato tra il 1910-1911; Il lutto, del 1910, e in chiusura c’è La risata, realizzata tra il 1910 e il 1911.
Le date di creazione sono fondamentali: alla fine del 1910 Boccioni compie un viaggio a Parigi, che rivoluziona il suo occhio, la sua mano, la sua pennellata e la sua concezione di pittura futurista. A Parigi vede Picasso e assorbe la scomposizione cubista, di cui fa grande tesoro.
Una volta tornato in Italia riprende alcuni lavori, come La risata, e nel portarli a termine ne rinnova il linguaggio: aggiunge piani scomposti, visioni simultanee di più punti di vista dello stesso soggetto, e l’unica parte che non rispecchia il linguaggio cubista è il volto della protagonista. Se il corpo della donna e l’intera ambientazione sono tagliati da piani e linee, il volto è realistico, perfettamente riconoscibile. Gli altri personaggi che la circondano sono tutti cubisti, coloratissimi come il resto della composizione, in rosso, giallo, blu e verde.
I disegni preparatori all’opera mostrano quanto il viaggio parigino abbia modificato la tela, da ciò che era prima, a ciò che Boccioni l’ha portata ad essere.
Attorno alla protagonista si apre la Milano che Boccioni ama e celebra: la Milano della vita notturna, con i tavoli dei locali gremiti di avventori, i bicchieri e le bottiglie di vino scomposte come quelle di Picasso, le luci dei bar come faretti ad occhio di bue che illuminano i palcoscenici dei teatri. La tela è una celebrazione di questa città e della Città futurista.
È anche una prima espressione dello studio di quella poetica degli stati d’animo che vedrà il suo apice con i due trittici del 1911 e del 1912 composti da Gli addii, Quelli che vannoe Quelli che restano.
La risata si concentra sull’emozione dirompente che investe la protagonista e che da lei si dirama a macchia d’olio verso tutti gli altri personaggi. È una forza trascinante, contagiosa, che si appropria di chiunque incontri. L’artista si concentra su questa forza, che rende tramite la composizione ad andamento concentrico, che si apre e si chiude sul volto ridente della donna.
Nella tela sono stati utilizzati soprattutto i colori primari e il verde, tutti in tonalità molto accese e squillanti: l’atmosfera è gioiosa, euforica, quasi delirante.
La risata e il trittico di cui fa parte sono un primo passo verso quella pittura fatta di linee e colori espressionisti che hanno il pieno controllo dell’opera e del suo significato: sono loro che ne esprimono il messaggio, la sensazione e lo stato d’animo.
Sono loro che pochi mesi dopo la realizzazione di questa tela, daranno vita agli altri due trittici rappresentanti le emozioni schiaccianti de Gli addi, Quelli che vanno e Quelli che restano.