I dipinti di Yue Minjun sono popolati da numerosissime figure che ridono a crepapelle. Inizialmente paiono rappresentazioni di gioia, espressioni di festa e di giubilo. Se ci si sofferma però ad osservarli attentamente il sentimento che ci suscitano cambia radicalmente e, come ha affermato lo stesso artista, avviene una trasformazione: quei visi che prima ci apparivano espressioni di gioia ora ci sembrano delle maschere grottesche. Le tele sono spesso così sovraffollate da provocare quasi un senso di claustrofobia nello spettatore. Nella loro risata non c’è nulla di rassicurante o allegro, ma trasmette invece un profondo sentimento d’inquietudine e di malessere.
Minjun è un’artista cinese nato a Daqing nel 1962 sotto la Repubblica Popolare Cinese di Mao Zedong. Proprio questo dato biografico è determinante per comprendere e interpretare il suo lavoro. Si osservi ad esempio l’opera intitolata “Great Joy” del 1993: il dipinto è gremito da figure maschili, tutti con gli stessi abiti, la stessa espressione e pressoché i medesimi connotati. Sono ordinatamente disposti in rigide file, come per una parata militare, e sullo sfondo si intravede un monumento cinese.
Questa tela ricalca apertamente le immagini di propaganda tipiche della Repubblica Popolare Cinese di Mao, ma soprattutto è un’espressione dei ricordi stessi dell’artista e, più precisamente, di quelle attività collettive che hanno segnato la sua infanzia. Se però quelle immagini di propaganda volevano trasmettere un senso di benessere, le tele di Minjun hanno tutt’altro scopo. L’artista vuole mostrare la drammatica situazione dell’uomo cinese contemporaneo che vive in una società materialista in cui il benessere e la felicità sono dati dal potere d’acquisto. Si noti infatti che nessuno di loro tiene gli occhi aperti e proprio questo è uno dei fattori d’inquietudine che dovrebbe portare lo spettatore a riflettere. La visione di Minjun dell’uomo contemporaneo è profondamente drammatica: per l’artista è un uomo che ha smesso di pensare e che sì è affidato ad un benessere materiale che è incapace di coinvolgere lo spirito. La loro felicità è dunque solo apparente: sono felici perché non pensano, sono appagati perché hanno soddisfatto il corpo. Ma la loro vita è vuota, così come le espressioni dipinte sui loro volti. Si potrebbero comprare le figure di Minjun ai personaggi di Fahrenheit 451 perché, come quest’ultimi, hanno barattato il pensiero per una vita tanto di benessere, quanto però vuota.
La risata, nelle opere dell’artista cinese, esprime la superficialità e la stupidità dell’uomo moderno, tant’è che egli ha affermato di considerare i propri lavori come delle espressioni tragiche e dolorose: non c’è nulla di frivolo o leggero nelle sue tele, ma piuttosto una spietata e pessimistica rappresentazione della modernità; proprio per questa ragione l’arte di Minjun è stata spesso definita “Cynical Realism”.
Uno dei dipinti più famosi di Minjun è “Execution”, realizzato nel 1995 che, grazie ad una vendita a Londra presso la casa d’asta Sotheby’s nel 2007, divenne il quadro più costoso venduto da un’artista cinese.
La tela di Minjun ricalca apertamente le opere d’arte di Manet “L’Esecuzione dell’imperatore Massimiliano” e quella di Goya “Il 3 maggio 1808”. Già Picasso aveva riproposto l’impianto di questi capolavori nel suo dipinto “Massacro in Corea”.
L’artista cinese si serve dunque di uno schema pittorico già molto noto e legato a delle immagini di alta drammaticità. Egli zooma la scena, toglie i fucili dalle mani dei carnefici e rappresenta i condannati a morte piegati in due dalle risate. Ciononostante il suo lavoro non perde in drammaticità, ma risulta, se possibile, ancora più grottesco. Come ha infatti una volta affermato l’artista cinese durante un’intervista
“to laugh is an expression of pain. When you’ve endured the maximum level of pain you can tolerate all you could do is to laugh”.