Hong Kong: il “Porto Profumato” dove l’Oriente incontra l’Occidente

La regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica Popolare Cinese è stata una delle aree maggiormente influenzate dalla Cina continentale, la quale ha sostenuto la crescita economica dell’isola – in particolare nei settori finanziario e turistico – situata tra il delta del fiume delle Perle e il Mar Cinese Meridionale.

Dal 1997 – anno in cui la sovranità della regione passò dalla Gran Bretagna alla Repubblica Popolare Cinese – la presenza cinese a Hong Kong divenne sempre più invasiva, come dimostra il fatto che oggi sei tra le migliori dieci società quotate sulla borsa locale siano cinesi. L’invadenza e l’influenza monetaria cinese è cresciuta di anno in anno, portando l’isola a dipendere sempre di più dalla Cina e trascurando importanti relazioni con Paesi di fondamentale rilievo nell’area asiatica quali Giappone, India e Sud-est Asiatico.

Ciononostante, per molto tempo Pechino ha lasciato Hong Kong al suo destino, rassicurato dalle peculiari caratteristiche della regione che la avvicinavano alla Cina, tra le quali spicca la leadership politica a maggioranza conservatrice e non democratica. Questo, infatti, faceva sperare in una maggiore integrazione al mondo sinico piuttosto che un’accentuazione delle differenze che allontanavano Hong Kong dalla Cina conservatrice.

Gli ultimi quattro anni, però, hanno evidenziato un quadro molto diverso, nel quale la posizione di Hong Kong risulta sempre più attenta e aperta a un regime politico democratico. Lo scontro che più ha enfatizzato un allontanamento da Pechino sono state le proteste del 2014, conosciute anche come Rivoluzione degli Ombrelli, attraverso le quali la popolazione di Hong Kong, soprattutto quella più giovane, ha espresso il proprio risentimento nei confronti delle continue interferenze della Cina continentale nelle questioni dell’isola, reclamando una maggiore autonomia e lottando contro il tentativo cinese di minare e scoraggiare l’uso della lingua cantonese nella regione.

Pechino, dunque, tenta continuamente di tenersi stretto questo “Porto Profumato” attraverso il quale Occidente e Sud-est Asiatico si incontrano e tessono ottimi rapporti, cosa che le altre città cinesi riescono a fare con meno successo. Secondo alcune osservazioni, Hong Kong può intraprendere due vie differenti nel prossimo futuro. Un primo caso vede gli interessi delle élites cinesi e di grosse corporations sostenere l’autonomia dei sistemi economici, legali e identitari dell’isola, riconoscendo come controproducente il nazionalismo cinese, specialmente in ragione del fatto che il colosso asiatico ha intenzione di presentarsi come attore internazionale responsabile e presentare la Belt and Road Initiative come un progetto di cooperazione piuttosto che di egemonia. Il secondo scenario, che purtroppo sembra essere quello che si sta per imboccare, vede le libertà intellettuali e dei media essere costantemente ridotte; e il sistema giudiziario sempre più eroso da un più enfatizzato potere esecutivo di Pechino. Questa seconda via potrebbe essere avvalorata dalle nuove leggi cinesi contro la sovversione e la secessione.

Quale percorso Hong Kong deciderà di perseguire dipenderà in modo consistente dalle politiche cinesi, ma anche dalle sorti del sistema globale di libero scambio e movimenti di capitale, poiché Hong Kong beneficia enormemente di tali politiche economiche. La viva questione di Hong Kong e il suo futuro probabilmente indicheranno la direzione che il commercio globale prenderà, nonché la modalità con la quale la Cina decreterà di posizionarsi su di esso.


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