Anna k: una performance artistica, non uno spettacolo teatrale.

Dal 6 all’11 marzo presso la Sala Cavallerizza del Teatro Litta di Milano è andato in scena Anna K-Una vivisezione di me, per la produzione MTM.

Lo spettacolo è davvero sui generis, a partire dalla sala, che non è una comune sala di teatro con palco e platea: è una sala antica in mattoni rossi, lunga e stretta, dove le sedie sono disposte sui due lati lunghi e lo spazio per la recitazione è il corridoio tra le due schiere di sedie e panche rialzate.

Quando il pubblico entra, trova già in scena una donna seminuda – con indosso solo una maglietta di cotone e un perizoma – sdraiata sul divano che sta in fondo al tunnel tra le due file di posti a sedere: è Debora Virello, unica attrice e regista, che interpreta Anna K, un personaggio ispirato ad  Anna Karenina, ma che in realtà ha poco a che fare con la figura tolstojana: la rimodernizzazione della vicenda ha portato a un distaccamento quasi totale con lo spunto originario, per cui l’eroina è un’idea di fondo, mentre al pubblico si presenta questa donna gonfia, sfatta e che non parla.

Avete capito bene: l’attrice non apre bocca per tutta la durata dello spettacolo, provocando una reazione di disagio nel pubblico, che si aspetterebbe uno spettacolo su Anna Karenina e invece si trova davanti ad un dramma dalla trama inesistente, dove il tema centrale è una depressione senza uscita. Debora Virello-Anna K osserva con occhi stralunati il pubblico e si ingozza di popcorn che poi scaglia ovunque, a terra e sugli spettatori, per poi andare a prendere un’aspirapolvere e una scopa che passerà sui piedi degli spettatori stessi per pulire.

L’attrice non sembra essere entrata nel personaggio, la sensazione è che stia recitando sè stessa e la sua personale depressione, non quella di Anna K! Più che uno spettacolo teatrale appare una performance artistica, il pubblico è molto a disagio e davanti a sé ha una donna che non parla se non attraverso delle registrazioni che vengono trasmesse dal fonico (unico altro componente in scena oltre all’attrice-regista).

Lo spettacolo è destabilizzante, 50 minuti che passano lentissimi e che sembrano 2 ore. Sta di fatto che lo spunto iniziale, partito dall’Anna Karenina di Tolstoj, sembra essere stato un po’ lasciato indietro, abbandonato: è una performance sulla depressione tout court e della depressione mette in scena i sintomi più fastidiosi e insopportabili; il desiderio di scappare via è grande, soprattutto davanti ad un’attrice che vaga davanti agli spettatori e non parla: estenuante. Personalmente, sono andata via insoddisfatta pensando: “Almeno qualche battuta non poteva pronunciarla?”. A mio parere, senza recitazione verbale lo spettacolo è a metà e quella dell’attore/attrice afasico/a è una novità che mi lascia perplessa e fatica a convincermi.


FONTI 

mtmteatro

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