A chi considera i fumetti “cose da bambini”, propongo una sfida : leggete Naruto. Sì, è vero, i protagonisti sono dei bambini, e la storia principale (in questo articolo mi riferisco unicamente al manga Naruto, composto da 72 volumi nell’edizione italiana, e non al seguito) riguarda la fase della loro preadolescenza e adolescenza. Il manga però è ricco di personaggi di ogni età, di cui si esplora la storia e la psicologia, e spesso gli stessi protagonisti-bambini devono confrontarsi con situazioni di vita molto difficili. Ma andiamo per ordine: cos’è un manga? Per chi non ne avesse molta dimestichezza, “manga” è la denominazione generica dei fumetti giapponesi, si leggono da destra verso sinistra, e si suddividono in numerose sottocategorie con un target che si estende a tutte le fasce di età.
Naruto è un manga di Masashi Kishimoto che narra la storia di giovani apprendisti ninja e del loro percorso di formazione all’interno del villaggio immaginario di Konoha. Sebbene sia classificato come lettura ideale per un pubblico di adolescenti, esplora tematiche come la perdita di persone care, l’emarginazione, l’accettazione dei propri limiti insieme al continuo sforzo per migliorarsi, e pone in una dimensione di continuo confronto con la vita. Una vita dipinta nelle sue gioie, ma anche nei suoi aspetti più duri; nelle pagine della storia, Kishimoto sprona, con un ardore che emerge nitido dalle parole dei suoi personaggi, a mettersi sempre in gioco, e a non arrendersi mai. L’epoca in cui è ambientata la storia non è precisamente definita, ma potrebbe trattarsi dell’età medievale. Il protagonista è Naruto Uzumaki, dodicenne iscritto all’accademia ninja. Naruto è orfano di entrambi i genitori e viene emarginato dai coetanei e dalla maggior parte degli adulti del villaggio, perché porta sigillato nel suo corpo lo spirito della volpe a nove code, una potente entità che in passato aveva quasi distrutto Konoha. Il mostro era stato fermato dall’intervento dei genitori di Naruto, che adottarono al prezzo della loro stessa vita l’unica soluzione possibile per evitare la distruzione totale: confinarlo nel corpo del figlio. Naruto durante la storia compie un percorso di crescita e progressiva maturazione, che lo porterà a essere accettato e amato non solo dal proprio villaggio, ma dall’intero mondo dei ninja. “L’arma” che Naruto sguaina davanti a ogni sfida è la sua determinazione, l’incrollabile fiducia di poter migliorare la propria situazione, senza rassegnarsi alla situazione difficile in cui l’esistenza lo ha catapultato.
Un bambino che ha subito un destino simile a Naruto è Gaara: anche in lui è racchiuso uno dei nove cercoteri (mostri dalle molte code) ed è sempre stato rifiutato per il timore che ne perdesse il controllo, fino alla conseguenza estrema del tentativo di ucciderlo messo in atto dal suo stesso padre. Tutto ciò lo ha condotto alla follia omicida, ma parlando con Naruto, che gli mostrerà col proprio stesso esempio che è possibile scegliere una via alternativa alla rabbia e al cieco dolore, Gaara troverà l’equilibrio della mente, e finalmente, delle persone che lo amano.
Un altro personaggio che viene messo a confronto con Naruto è Obito Uchiha: straziato dalla perdita della ragazza amata, Obito aderisce a un piano folle per sostituire alla vita reale un sogno infinito (Tsukuyomi infinito), privo di sofferenze, ma irreale. Le ragioni che giustificano un simile progetto sono esposte da uno dei principali antagonisti della saga, Madara Uchiha:
“Questo mondo è pieno di cose che non vanno come noi vorremmo. Più a lungo vivi, più ti accorgi che la realtà è fatta solo da dolore, sofferenza e vuoto. Ascolta, in questo mondo ovunque ci sia una luce c’è anche un’ombra. Finché il concetto di “vincente” esisterà ci sarà anche quello di “perdente”. L’egoistico desiderio di mantenere la pace scatena le guerre. E nasce l’odio per proteggere l’amore”
Ancora una volta, Naruto lotterà per dimostrare che è possibile trovare una via per accettare il dolore nel proprio vissuto, per potersi rialzare dopo essere caduti e per poter tornare a vivere davvero, senza fuggire in un sogno che è “non esistenza”. Obito e Madara appartengono al clan Uchiha, che comprende abilissimi guerrieri che acquisiscono dei poteri combattivi incredibili quando sviluppano l’arte oculare dello sharingan. Nel manga viene spiegato che, a causa della sensibilità elevatissima degli Uchiha, quest’abilità cresce in misura corrispettiva alla loro sofferenza, per cui tanto più forte è il dolore che un uomo vissuto, tanto più potente egli diventerà. Obito ha perso l’amore della sua vita, Madara tutti i suoi fratelli a causa della guerra; ci sono altri due personaggi molto importanti per la saga membri dello stesso clan: Itachi e il fratello minore, la controparte di Naruto: Sasuke.
Sasuke compie un viaggio incredibile all’interno del manga, svelato appieno solo nelle ultime pagine. Il suo tormentato vagabondare è la ricerca della forza in sé stesso e di un modo per eliminare le ingiustizie, in un mondo dove lui ne ha subito una molto grossa: l’eliminazione dell’intero clan e della sua famiglia per mano del fratello Itachi. In un confronto con un personaggio di nome Kabuto, Itachi svelerà le ragioni del suo gesto, e nel dialogo con l’avversario pronuncerà delle frasi di grande impatto, che Kishimoto ci ha donato, e di cui ognuno di noi credo possa fare tesoro:
“Ora capisco che conoscere sè stessi… non significa cercare di essere perfetti. Significa sapere ciò di cui si è capaci e ciò che ci è precluso. (…) significa riuscire a perdonarsi… per ciò che non si è in grado di fare. (…) Chi non è in grado di accettare i propri limiti è destinato al fallimento.”