2017. Forbes. Joanne Kathleen Rowling autrice più ricca dell’anno.
Secondo le stime, infatti, il patrimonio della scrittrice ammonterebbe a 650 milioni di dollari. Si tratta di una cifra composita, resa possibile da diritti d’autore e da una fama planetaria che non accenna a voler diminuire. Dal 1997, anno in cui la poco nota casa editrice Bloomsbury decide di pubblicare il primo capitolo della saga di Harry Potter, La Pietra Filosofale, quello del mago dalla cicatrice a forma di saetta è diventato un caso generazionale. Ai sette volumi sono accompagnati sette film, traduzioni in innumerevoli lingue (basti pensare che sono disponibili anche le versioni in latino e greco antico), parchi divertimento a tema, un sito web interattivo, videogiochi, merchandising, spin-off (il caso più emblematico è Animali fantastici e dove trovarli, nato come libro di testo per gli studenti di Hogwarts, la scuola di magia frequentata dai protagonisti, e diventato nel mondo reale una saga autonoma articolata in cinque film il primo dei quali al cinema nel 2016, il secondo pronto per uscire a novembre 2018). L’affetto del pubblico rende possibile addirittura un sequel che prende forma come testo teatrale, rappresentato a Londra e pubblicato sotto forma di libro per renderlo accessibile a tutti. Si tratta di un potenziale enorme che è stato studiato e analizzato sotto molteplici punti di vista. Uno dei tanti aspetti di interesse è proprio l’intersecarsi di diversi linguaggi. La vicenda cinematografica di Harry Potter ha visto un susseguirsi di registi: da Chris Columbus per La Pietra Filosofale e La Camera dei Segreti ad Alfonso Cuarón per il Prigioniero di Azkaban; da Mike Newell per il Calice di Fuoco a David Yates per gli ultimi capitoli, Il Principe Mezzosangue e I Doni della Morte, diviso in due parti. Ognuno ha cercato di portare il proprio contributo alla resa visiva di un’opera letteraria già di per sé fortemente iconica. Da un lato il mezzo cinematografico può aiutare rendendo attraverso gli effetti speciali un mondo che non esiste, dove la magia e gli incantesimi regolano la quotidianità. L’effetto di immedesimazione è altissimo e, soprattutto le prime trasposizioni, riescono a rendere con normalità il fantastico, indugiando nei dettagli e nelle minuzie. Normali sono i quadri in movimento, i fantasmi che fluttuano tra le mura del castello, piatti che nel lavabo si insaponano da soli, scope che volano. Questa immedesimazione, però, è già un elemento di ricchezza presente nei libri. Le pagine della Rowling, infatti, sono caratterizzate da una schietta forza descrittiva, da un sistema costruito e intrecciato, rapportato in modo attento a quello reale tanto da far calere il lettore con facilità in una dimensione altra, senza che questa gli appaia estranea. È l’alone del possibile che contribuisce nel creare uno scenario desiderabile, al quale si sente di poter appartenere. È molti sono i fili della trama che un film deve penalizzare, sacrificare in favore di un’unità narrativa e di tempi ristretti, ma la dialettica non dovrebbe ridursi al mero termine di paragone. La passione con cui il pubblico si è avvicinata a qualsiasi prodotto correlato al maghetto è proprio l’emblema di un contenuto vincente, adatto ad essere plasmato in diverse forme espressive.
E perciò no, non sempre “il film è bello, ma il libro…”. Però, ecco, non sarebbe male far continuare la magia un po’ più a lungo grazie al piacere lento dello sfogliare le pagine.
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