Sì e no. I pareri si alternano come le altalene e le voci, nel gran finale del Don Pasquale di Donizetti al Teatro alla Scala di Milano. Il direttore dell’orchestra Riccardo Chailly riporta in auge l’opera del compositore bergamasco, mentre la regia e la scenografia di David Livermore ne completano l’arte. Stasera il Maestro dirigerà la diretta per Rai5 (All’Opera), a partire dalle 19:55.
Dal libretto di Giovanni Ruffini, Donizetti scrisse un’opera buffa in tre atti. Ma non fu solo il librettista a scrivere la storia. Anche il musicista ne controllò la stesura e scrisse scene pensate apposta per i quattro cantanti di punta al Théatre Italien di Parigi, dove nel 1843 ci fu il debutto. Forse troppe scene, tanto che Ruffini si rifiutò poi di firmare il libretto, perché non lo riteneva più suo.
Nonostante Donizetti abbia fatto venire dubbi al proprio librettista esule, i due compositori in arti diverse inseriscono i tratti caratteristici della tradizionale opera buffa settecentesca. È un ritorno alla tradizione anche per Donizetti. Dopo quasi dieci anni, il musicista scrive un’opera buffa e non lo fa non con lo stile evolutosi negli anni, come ci si aspettava al tempo. Nonostante questa sia la sua terz’ultima opera, Donizetti “sembra tornare alle origini”, spiega così Alberto Mattioli, giornalista di “La Stampa”, all’incontro con il Maestro Chailly il 27 marzo 2018. Ritornano i personaggi stereotipati e “tutti i cliché”, afferma Mattioli. Dopo essersi dedicato alla nascita del romanticismo italiano, Donizetti ritrova il vecchio che vuole sposare la giovane, a sua volta innamorata di un fanciullo tenore con il caratteristico “stile languido”.
Tutta l’opera si basa sul rifiuto allo zio Don Pasquale (Ambrogio Maestri) del giovane tenore Ernesto (René Barbera) di sposare una ricca ereditiera essendo lui innamorato di Norina (Rosa Feola). Lo zio settantenne, toltagli l’eredità, sposa una giovane per fargli dispetto. Non sa invece che il dottor Malatesta (Mattia Olivieri), che gli ha presentato Sofronia (ovvero Norina), gli ha teso un inganno per permettere ai due giovani di sposarsi. Dopo un cambiamento inverosimile della fanciulla, Don Pasquale non vuole più avere niente a che fare con la donzella e scopre l’inganno. E ovviamente la storia si conclude con il lieto fine da opera buffa per eccellenza, permettendo agli innamorati di stare insieme.
Quest’opera è buffa, nel vero senso del termine, ma anche paradossale. “Commedia amarissima, miracolo di leggerezza, umanità ed equilibrio dei tempi teatrali” scrive così il Teatro alla Scala. Un equilibrio nella musica che spalanca invece “una verità psicologica”, descrive Mattioli. Tra la gioiosa ironia, il tragico si fa strada quando si scopre l’imbroglio.
L’imbroglio è il soggetto principale della scenografia di David Livermore e Giò Forma. Il sipario si apre con le corone funebri per la madre morta di Don Pasquale e il quadro con il ritratto in movimento come se fossimo in Harry Potter. I toni sul grigio creano sfumature di chiaroscuro, dando un effetto di irrealtà al tutto, un po’ come in un film. O forse Livermore e Forma volevano proprio questo, un film a Cinecittà negli anni della Dolce Vita, con tanto di spider bianca. Nel cinema tutto può succedere, anche l’irreale fermata del tempo, proprio come un sogno, con il passaggio di palloni bianchi.
A spezzare la monocromia c’è proprio l’imbroglio. Prima rimasta sotto vesti grigie, Norina si mostra nella sua esuberanza con un vestito giallo, bianco e nero e poi con una vestaglia rosa, tutti costumi curati da Gianluca Falsachi. Già all’epoca “Donizetti insistette per una messinscena attualizzante: la storia doveva svolgersi nella Roma contemporanea, i personaggi dovevano vestire alla moda, con costumi alla borghese moderna” scrive nel programma di sala Claudio Toscani.
Di certo non mancano le opinioni del pubblico, come ogni opera che si rispetti. Per chi volesse esplorare il mondo della critica, il luogo più adatto sarebbe il corridoio. Anche se lo scambio di pareri è sicuramente più fitto nella coda per il bagno delle signore durante la pausa.
Grazie alla Rai, stasera sarà possibile farsi la propria opinione. Con la regia di Patrizia Carmine, l’opera entra nelle case degli appassionati e permette a tutti di innamorarsi o detestare il lavoro che ha voluto riportare in vita la sessantottesima opera di Donizetti.