Oggi, 17 aprile, è la giornata internazionale delle lotte contadine, in ricordo del massacro di Eldorado Do Carajás. Lo stesso giorno del 1996, infatti, la polizia militare brasiliana apriva il fuoco su un gruppo di 1500 persone appartenenti al Movimento Senza Terra in marcia verso Belém, capitale dello Stato del Pará. Si trattava di contadini che chiedevano una risoluzione legale all’occupazione della fazenda Macaxieira nel territorio del comune di Curionopolis, in occasione della seconda conferenza internazionale di Via Campesina – movimento che raggruppa le organizzazioni contadine di svariate parti del mondo per promuovere politiche agricole e alimentari solidali e sostenibili. L’episodio causò la morte di 19 contadini e il ferimento di altri 30, ciononostante nessuna autorità tra il Governatore del Pará, il Segretario della sicurezza pubblica o il Capo della polizia militare fu portata in giudizio.
Questa celebrazione vuole ricordare le lotte condotte dai contadini di tutto il mondo, spesso pagate con la vita; oltre a promuovere politiche agricole che siano lontane dal modello neoliberista, le cui caratteristiche principali si possono identificare nel massimo sfruttamento delle risorse, nella concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi e negli alti costi economici, sociali e ambientali dello “sviluppo” addossati ad agricoltori, consumatori, lavoratori e i cittadini.
Tra le forme più feroci di oppressione nei confronti delle comunità rurali vi è il cosiddetto land grabbing, o accaparramento della terra. Si tratta di un fenomeno in crescita in tutto il mondo, nato con la crisi alimentare del 2007-2008, quando il crollo della finanziaria globale spinse gli investitori ad appropriarsi di un bene di cui nessuno può fare a meno: il cibo. Come conseguenza, i prezzi di generi primari quali riso, mais e grano schizzarono alle stelle – fattore che funse da miccia alle successive Primavere Arabe. Così, imprenditori dell’agrobusiness, multinazionali e Stati incapaci di produrre il cibo necessario ma con grandi possibilità finanziarie hanno iniziato una vera e propria gara per appropriarsi dei terreni dei Paesi più poveri, in modo da sfruttarli attraverso il sistema della monocoltura per la produzione di alimenti destinati all’esportazione verso i Paesi più ricchi, derubando di fatto le popolazioni locali.
Nonostante i sette principi per l’Investimento Agricolo Responsabile (IAR) proposti dalla Banca Mondiale e da altre istituzioni, gli abusi e il dominio dell’agricoltura da parte delle corporations attraverso il controllo della terra, dell’acqua, delle sementi e di altre risorse continuano imperturbati, così come continuano le violenze e la repressione dei piccoli agricoltori locali da parte dei grandi proprietari, con l’indifferenza o addirittura la complicità dei governi locali deboli o corrotti. In Asia e in Africa le condizioni dei contadini stanno peggiorando anche a causa delle grandi organizzazioni internazionali: la già citata Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, UE, FAO (Food and Agriculture Organization of the UN), IFAD (International Fund for Agricultural Development) sono alcuni degli attori che spingono i governi del Sud del mondo ad aprirsi al libero mercato, alle privatizzazioni dei beni comuni, alla creazione di condizioni favorevoli agli investimenti stranieri attraverso sgravi fiscali e concessioni, permettendo un legale saccheggio delle loro risorse.
Individui portati alla miseria e alla disperazione, impoverimento locale, perdita di biodiversità, sottomissione economica e politica dei Paesi del Sud del mondo nei confronti del Nord del mondo, famiglie costrette a emigrare o ad ingrossare le fila della criminalità organizzata e dello jihadismo. Queste sono solo alcune delle conseguenze di un modello agricolo che non rispetta le risorse naturali e le popolazioni autoctone, che persegue unicamente il profitto di pochi, che danneggia l’ambiente e incrementa notevolmente la povertà dei Paesi coinvolti. Il principio di sovranità alimentare dovrebbe sempre essere rispettato e garantito, i diritti degli agricoltori devono essere assicurati così come deve essere tutelato l’ambiente. Una politica agricola maggiormente incentrata e focalizzata sul consumo interno e una “economia verde” che non si basi esclusivamente su logiche di mercato e invece presti attenzione ai bisogni e ai diritti delle popolazioni locali, dovrebbero essere avallate da ogni Paese, per il bene dell’umanità. Grazie alla ricorrenza del 17 aprile si spera che una maggiore consapevolezza generi una risposta attiva e propositiva alla questione agricola del Sud del mondo, così da fare emergere le problematiche e combatterle, al fine di determinare un effettivo e duraturo cambiamento.