In Italia tutt’oggi ci si ricorda del secondo conflitto mondiale come della sciagurata alleanza con la Germania. Nell’opinione pubblica spesso si sente dire (ahimè) che l’unico errore del fascismo fu quello di entrare in guerra a fianco dei tedeschi. Tralasciando il fatto della totale superficialità e della non correttezza di tale affermazione, ci fu un momento in cui Mussolini avrebbe potuto tagliare i legami con Hitler? Guardando alla storia delle relazioni internazionali la risposta non può che essere affermativa. Infatti il 16 aprile di ottanta anni fa si giunse alla firma degli Accordi di Pasqua, e le cose sarebbero potute andare in modo estremamente differente.
Dopo l’invasione dell’Etiopia da parte dell’esercito italiano (3 ottobre 1935), i rapporti italo-britannici entrarono in una profonda crisi. La Gran Bretagna reagì alla mossa di Mussolini imponendo delle sanzioni economiche all’Italia. Le cose poi peggiorarono con l’inizio della guerra civile spagnola nel 1936. Il regime fascista infatti appoggiò pienamente Francisco Franco e i nazionalisti nella lotta ai repubblicani.
In tutto ciò però ci fu un momento di distensione quando Ciano, ministro degli esteri italiano, e lord Perth, ambasciatore inglese a Roma, arrivarono al Gentlemen’s Agreement il 2 gennaio 1937. Esso in sostanza fu uno scambio di lettere con cui ci si impegnava a non modificare lo status quo nel Mediterraneo. Ma l’efficacia di tale accordo fu limitata viste le continue violazioni da parte italiana, e i rapporti tornarono tesi.
La vera e propria svolta si ebbe il 4 febbraio 1938. In questa data Hitler completò la sua “rivoluzione nazista” assumendo personalmente il comando supremo delle forze armate e sostituendo generali e diplomatici con uomini a lui più fedeli. Ora il Fuhrer era pronto ad attuare la tanto desiderata annessione (Anschluss in tedesco) dell’Austria. Cosa che effettivamente avvenne l’11 marzo.
L’Italia, pur essendo vicina al regime nazista, non fu minimamente resa partecipe dell’operazione e ciò creò motivi di risentimento e preoccupazione. Subito fu messo al lavoro Dino Grandi, ambasciatore a Londra, per cercare un accordo con il governo inglese, di cui Neville Chamberlain era primo ministro. Dopo svariati colloqui si arrivò così al 16 aprile 1938, quando a Roma furono firmati tra Ciano e lord Perth quelli che passarono alla storia come gli Accordi di Pasqua (dato che era il giorno del sabato santo). Questi stabilivano che il regime fascista dovesse ritirare le proprie truppe dalla guerra spagnola e lasciare i territori che aveva lì conquistato. In cambio la Gran Bretagna si impegnava a riconoscere il possesso italiano dell’Etiopia. Veniva inoltre confermato il Gentlemen’s Agreement stabilendo così reciproci impegni nel Mediterraneo orientale e nel Mar Rosso.
Questo sarebbe potuto essere un punto di partenza per una intesa più larga tra Italia e Inghilterra, se solo Mussolini avesse voluto praticare una politica di pace. Bastava cercare un vero impegno anche con la Francia e non essere disposti a tollerare i colpi di mano di Hitler. Ma il duce non riuscì a sganciarsi dalla Germania, amava tenere il piede in due staffe, giocare su più tavoli e trarre tutto il possibile da ogni situazione. Ciò non permise la piena attuazione degli accordi, che con il tempo risultarono sterili. Infatti, firmati il 16 aprile, entrarono in vigore solo il 16 di novembre, cioè sette mesi dopo. Questo fu un intervallo di tempo troppo lungo e in una situazione internazionale tanto drammatica come quella del 1938. Quindi nonostante avessero tutti gli elementi per cambiare lo scenario internazionale, gli Accordi di Pasqua furono superati dalla volontà di Mussolini di tenersi legato ad Hitler.
FONTI
Renzo De Felice, Mussolini il duce, Einaudi 2008
Giorgio Candeloro, Storia dell’Italia moderna, Feltrinelli 2014