Viola cercava la perfezione in ogni oggetto che la circondava.
La rincorreva in modo quasi spasmodico, cercando di colmare quella che aveva sempre ritenuto una propria mancanza.
Non si sentiva mai abbastanza brava in ciò che faceva, eppure, quando entrava nel piccolo negozio di via Rosa, che era appartenuto all’adorata nonna e di cui ora si prendeva cura lei, aveva la sensazione di essere davvero se stessa.
Non c’era nessuno, a Verona, bravo come lei nel prendersi cura dei delicati petali di candide ortensie, rose che sembravano di velluto, viole del pensiero, ovviamente, e molti altri fiori.
Ogni fiore si trovava in un piccolo vasetto, ogni vasetto in un piccolo cassetto aperto o posato sul lungo tavolo in legno grezzo che occupava quasi tutta la piccola stanza.
Prendendosi cura di quei suoi piccoli tesori, Viola custodiva e accarezzava anche i suoi ricordi più belli.
Quel piccolo cimelio colorato era il passato di Viola, il suo presente e, si augurava, sarebbe stato anche il suo futuro.
Le mancava molto la nonna, Eve, di origine francese, dolce e misteriosa, testarda e altera; era stata la persona più importante nella sua vita.
Viola aveva sempre desiderato avere la sua sicurezza, la sua forza d’animo, la sua caparbietà, caratteristiche che erano state trasmesse a tutti i membri della sua famiglia al femminile, tranne che a lei, che era l’immagine dell’insicurezza. Forse per questo Eve aveva un occhio di riguardo per la nipotina più silenziosa, che era anche la più curiosa e la più sognatrice.
La mamma, trafelata, come al solito, prima di andare a lavorare la lasciava seduta sul lungo tavolo ricolmo di fiori e la ritrovava che canticchiava felice, con un grembiule rosa confetto troppo grande per lei, guanti e cesoie alla mano, mentre seguiva la nonna in ogni suo movimento.
Le piaceva quella quotidianità, fatta dalle spiegazioni dell’anziana donna; passata a mangiare caramelle, more e lamponi che il signor Vittorio, che abitava proprio sopra il negozio, le portava, tornando dalla passeggiata di quel giorno; trascorsa in compagnia della spregiudicata sorella maggiore, Margherita.
Nella sua famiglia non sembrava mai essere passato neanche un uomo.
Isabelle non aveva conosciuto il padre, che era scomparso prima della sua nascita, così come Viola e Margherita non ritenevano di conoscere il proprio, dal momento che era scappato quando Viola aveva solo un mese e Margherita un anno. Nè la mamma nè la nonna avevano mai raccontato quella storia, ma le due bambine, ormai cresciute, non avevano mai chiesto nulla. Sospettavano fossero due vicende tristi e non desideravano rompere quel cristallo che proteggeva la loro spensierata felicità.
Inoltre, in modo diverso, entrambe credevano segretamente nell’amore e, fino a quel momento, quest’ultimo sembrava assecondare le speranze di Margherita.
Viola stava sistemando un mazzo di peonie color rosa pastello, quando entrò un turista francese che cercava i fiori più belli del negozio.
Ogni fiore ha una storia o un significato, lei cosa cerca?
Un colore, una forma, un profumo che possa sigillare una promessa. Crede nell’amore?
Credo nel destino, piuttosto.
Nel destino?
Penso che, da qualche parte nel mondo, qualcuno si diverta a fantasticare sulle nostre vite e questo qualcuno, poi, queste vite le scriva anche, su pagine bianche, in modo che ogni storia vada proprio così com’è stata da lui raccontata.
Sa, noi dobbiamo vivere per continuare a leggere.
Dobbiamo rimanere immobili, aspettando?
Oh no, possiamo continuare a pensare di essere gli scrittori delle nostre storie e fare di tutto per diventare ciò che desideriamo essere.
Il francese era chiaramente perplesso.
Alla fine, per la bella italiana a cui le avrebbe regalate – un arrivederci prima di tornare a Parigi – scelse proprio le peonie che da un po’ la ragazza del negozio teneva in mano.
C’era qualcosa di particolare in lei, pensò. Particolare in senso buono, certo.
Aveva due occhi che brillavano, nonostante fossero gli occhi più scuri che lui avesse mai visto. Aveva qualcosa di misterioso.
Uscì dal negozio senza sapere il suo nome ma con la sensazione che l’avrebbe rivista, magari in un altro luogo e in un’altra storia.
[…]
Racconto di Valentina Cesarino