A pochi mesi dal successo di The Post, Steven Spielberg torna nelle sale con un lungometraggio completamente diverso dai film impegnati e seri a cui ci ha abituati. Tuffandosi nel romanzo di genere realizza Ready Player One, basato sull’omonimo romanzo di Ernest Cline ed ambientato in un futuro che rievoca brillantemente gli anni Ottanta.
Non mancano i riferimenti al grande cinema di genere degli anni Quaranta e Sessanta nonché al mondo dei fumetti, delle serie tv, dei videogiochi e a quei libri che hanno segnato l’infanzia dei contemporanei di Spielberg. Il regista ha reso omaggio ad un grande passato artistico di cui lui è stato spettatore non dimenticando di celebrare quell’emozionante, sorprendente ed iconica arte cinematografica, di cui si fa portavoce.
2045: il mondo non ha superato la grave crisi ambientale del ventennio precedente; il popolo ha perso le speranze e la voglia di lottare contro la ormai troppo faticosa quotidianità. A questo rimedia James Donovan Halliday che, programmando una realtà virtuale chiamata Oasis, dà vita ad un luogo dove ognuno può essere chi vuole, può controllare la sua vita in ogni suo aspetto. Diversi livelli, potenziamenti, luoghi immaginari: tutto è costruito per permettere alle persone di ottenere quel benessere interiore ed esteriore, che manca nella loro vita reale.
Nel cupo mondo – “fatto di gente che ha dimenticato di lottare per cambiare le cose” – è nato e cresciuto Wade Watts (Tye Sheridan), adolescente il cui unico obiettivo è vincere “Il Gioco di Anorak”. Si tratta dell’ultima grande invenzione di Halliday prima di morire: tre sfide per tre chiavi; una volta ottenute l’obiettivo è l’Easter Egg, che designerà automaticamente il vincitore come erede di Oasis.
Gli effetti speciali impeccabili garantiscono una presenza costante di suoni e colori sullo schermo. Dalla DeLorean di Ritorno al futuro, a King Kong, passando attraverso Godzilla fino ad arrivare al Gigante di Ferro: un tripudio di riferimenti al passato entro questa contrapposizione tra realtà virtuale, da sogno, ed una vita cupa e macabra. Nonostante le diverse scene siano ricchissime di tributi, Spielberg non cade mai nell’eccesso, mantenendo un equilibrio piacevole, che permette di apprezzare ogni singola citazione.
Cogliamo facilmente il problema che consegue a questo mondo così utopico: quando si evade dalla realtà non si deve dimenticare che ad essa bisogna far ritorno. La creazione di Halliday nasce come gioco, ma è diventata molto più di questo, relazioni e contatti con il prossimo sono, infatti, ormai superflue e non necessarie. Tutto si svolge ad Oasis, “qui tutti possono fare quasi ogni cosa ed avere qualunque aspetto. Un posto dove si può fare tutto, tranne mangiare, dormire ed andare in bagno”.
Ready Player One è un inno al cinema, all’entusiasmo e all’immaginazione, ed è dedicato a tutti coloro che non vedono nelle avversità un ostacolo insormontabile, ma una sola difficoltà aggiunta nella lotta verso il proprio obiettivo. Apparentemente semplice, risulta quasi necessario vederlo in più occasioni al fine di apprezzare e cogliere ogni dettaglio, così accuratamente pensato e atto a far riflettere. Di sicuro lasciarsi trasportare nei mondi creati da Spielberg porta sempre sensazioni impagabili.
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