Due recensioni, frutto di due pareri decisamente contrastanti, per i Baustelle e il loro L’amore e la violenza – vol. 2., scritte da Valentina Camera e Stefano Marmondi.
di Valentina Camera
Dopo l’uscita de L’amore e la violenza nel gennaio 2017, i Baustelle pubblicano come ottavo album L’amore e la violenza – vol.2. Il sottotitolo recita Dodici nuovi pezzi facili. E’ vero, si tratta di dodici nuovi pezzi, sicuramente orecchiabili… Ma nel dire che sono “facili“, il trio sta mentendo. Notevole l’abilità della band nel far passare per semplice un lavoro che a un orecchio attento appare studiato, per quanto rimanga piacevole e prenda fin dal primo ascolto.
La continuità rispetto all’album precedente si coglie da subito, la postilla vol.2 quindi è lecita e comprensibile. Si ritrovano parallelismi sia nel numero dei brani, sia nella loro disposizione, sia nelle tematiche trattate e nelle sonorità scelte. La prima canzone del primo album è Love, la prima del secondo è Violenza: assieme compongono il titolo comune ai due album. Amore e violenza rimangono i due temi portanti anche in questo vol.2. Ascoltare entrambi gli album uno dopo l’altro non crea nessun effetto di straniamento, è un lungo viaggio che questa seconda parte permette di concludere al meglio.
Le scelte musicali dell’album e i temi si intravedono già nel singolo Veronica n.2. Le donne sono protagoniste dell’album e si coglie sul fondo un distacco netto nei testi tra punte oscure e riferimenti complessi e di contro ritornelli semplici e intuibili. Proprio in questo contrasto insolubile si può trovare la bellezza di questo album, così come del precedente. Lo stesso ragionamento si può applicare alle scelte musicali. Un ritmo abbastanza ripetitivo improvvisamente spiazza diventando terzinato, la melodia sul ritornello è come se si incespicasse con un innalzamento progressivo di un semitono.
La dicotomia tra semplicità disarmante e complessità che compare di soppiatto si coglie anche nel passaggio da un brano all’altro. Ci sono dei richiami tra brani che ci permettono di scivolare nell’album come se fosse un continuum, ma alcune canzoni rispetto ad altre presentano più riferimenti colti. Si vede chiaramente in Jesse James e Billy Kid o in Il minotauro di Borges, che chiude egregiamente il percorso. I Baustelle non rinunciano certo alla loro vena dotta, ma riescono ad appassionarci e a farci rimbombare nella testa le due parole chiave, “amore” e “violenza“. Non sono forse l’amore e la violenza a muovere ognuno di noi?
di Stefano Marmondi
Ad un anno di distanza dal primo volume L’Amore e la Violenza, i Baustelle ritornano con il secondo volume, subito dopo aver fatto uscire uno dei singoli dell’album, ovvero Veronica N. 2.
Come affermato nella canzone Il Vangelo di Giovanni del primo volume, il gruppo è stanco di ascoltare musica leggera, infatti in questo lavoro sono presenti riferimenti che ad un primo ascolto si fa fatica a recepire, come per Il Minotauro di Borges o la citazione su Emilio Salgari nella canzone Caraibi. C’è da dire che a livello musicale la semplicità si fa sentire, non per tutte le canzoni, ma lo stampo pop è quasi sempre presente. Melodie leggere con testi densi di significati. Un bel contrasto, ma che non soddisfa la richiesta del primo volume. La scelta di questo genere ha implicato anche l’utilizzo eccessivo di una drum machine, presente in quasi tutte le canzoni, oltre ad i vari Synth e plug in.
Per le tematica che affrontano e la scelta di dividere il lavoro in due, mi sembra un po’ monotono e ridondante puntare sul pop d’altri tempi tipico dei Baustelle per un ”Concept album”. C’è un ritorno della chitarra elettrica, ma oltre a dei power chords o piccoli assoli, non si ha altro. Ne sanno di musica e lo sa pure il pubblico, ma alcune scelte a livello musicale sono abbastanza discutibili. Danno l’idea di essere scelte forzate. Come per esempio La Musica Elettronica. Una canzone che non ha niente a che fare con la musica elettronica, o per lo meno ricorda uno dei tanti esperimenti dei The Residents o musica d’ambiente. Se pensiamo un attimo a questo genere, una delle prime cose suscita è il movimento, lo stimolo di muoverti, agitarti, ballare. Tutte sensazioni che non accadono in questa traccia. Ma se si ragiona un attimo, questo è dovuto alla canzone seguente, Baby. Nel testo Francesco Bianconi, frontman della band, propone alla compagna, consumato il loro rapporto, ad una svolta
E fammi un fischio e portami a ballare
La musica elettronica migliore
Probabilmente, non si riferiva alla canzone precedente. Come già detto, è presente la chitarra elettrica in alcune canzoni dal sound Progressive Rock come Il Minotauro di Borges e Violenza. Tra l’altro, quest’ultima, sembra essere molto più elettronica de La Musica Elettronica. Bianconi a livello testuale è forte, riesce a descrivere l’amore da diversi punti di vista ed è un pregio notevole, ma non vedo perchè debba farlo con un sound Pop/Rock anni ’70 e testi che fanno riferimento ad anni passati. Non che sia sbagliato, ma non rappresenta lo scenario moderno.
Probabilmente è proprio questo il punto di forza. Questo album, questi due volumi ti lasciano la stessa sensazione di come leggere un libro. Crea scenari nell’immaginario dell’ascoltatore attraverso il connubio musica e testo. Per esempio, Caraibi ricorda un film, formato Super 8 millimetri, girato nella spiaggia di Saintes-Marìes-de-la-Mer nella Camargue francese. Con amanti che indossano quei costumi da bagno a righe bianche rosse vintage. Peccato che queste spiagge non siano adatte per il surf, come i Baustelle erano soliti fare un tempo.