Con l’espressione “bella arte” si vuole intendere ogni forma d’arte sviluppata con scopi estetici e concettualmente distinti dalla utilità, ragione per cui il design non gode di tale designazione: tradotto in italiano come “design industriale” o “progettazione”, la vena artistica sembra obbedire per prima alle leggi della scienza con lo scopo primario di migliorare, sì, l’estetica, ma in primo luogo la funzionalità e l’usabilità di un prodotto. Tuttavia, è solo questione di tempo, perché il design, come la fotografia, ma anche l’architettura, si aggiudichi l’appellativo di arte: che poi, la stessa definizione di “arte” si afferma nell’Antichità come un insieme di norme universali, adeguate e utili poste al servizio di un fine definito; un’estensione che comprende per primo l’artigianato, quindi ogni produzione eseguita con maestria e conoscenza delle regole. Sono proprio queste norme universali, adeguate e utili che la designer, architetta ateniese Katerina Kramprani viola nella definizione del suo progetto, The Uncomfortable.
The Uncomfortable come atto di ribellione
Il progetto The Uncomfortable nasce nel 2011 e non nei migliori dei contesti: Katerina Kamprani ha appena deciso di interrompere i suoi studi in design industriale, determinando l’apparente fine di una carriera agli esordi. Apparente, perché è in quel momento di debolezza e incertezza che la designer greca decide di tirarsi su le maniche e investire il materiale appreso in un progetto imprevedibile, destinato a diventare virale. Katerina Kamprani descrive The Uncomfortable come un vero e proprio atto di ribellione: la designer raccoglie tutte le regole apprese presso la scuola di design con lo scopo unico di stravolgerle.
I think rules are important – perhaps – but they are also important to break.
Io penso che le regole sono importanti – forse – ma sono anche importanti per essere violate.
Una collezione che mette a disagio o che suscita la risata?
È così che dopo bozze e risate – esatto, la risata è uno dei principali parametri di scelta – Katerina Kamprani realizza oggetti della quotidianità privati totalmente della loro funzionalità: pentole con manici su un solo lato, schienali che tagliano a metà le superfici delle sedie e stivali di gomma aperti sulla punta. Nati come visualizzazioni 3D per mancanza di fondi, alcuni di questi modelli sono oggi una realtà: la designer ha deciso di investire i suoi risparmi per realizzare dei prototipi, perché “Che mondo sarebbe senza oggetti scomodi?” Tra i manufatti più simpatici della collezione ha posto sicuramente l’annaffiatoio con il condotto rivolto verso il serbatoio in un flusso continuo di acqua: la stessa designer ammette che il risultato è ben diverso rispetto all’idea originale e lo descrive come un prodotto “con personalità”; sul podio sale anche il calice di vino dalla forma ovale con un buco laterale concepito per consentire una difficile e scomoda consumazione. Diventa forse evidente l’intenzione educativa alla base del progetto: privare gli oggetti di ogni giorno della loro funzionalità insegna ad apprezzare il linguaggio invisibile del design che interviene in ogni aspetto della vita e quindi la complessità del rapporto tra l’uomo e l’ambiente circostante.
Although it happened unintentionally, it seems to me like this watering can has a personality of its own, and looks back on itself, like an introvert watering can. Or one that refuses to water the plants!
Nonostante sia accaduto involontariamente, mi sembra che l’annaffiatoio abbia una personalità propria e si guarda all’indietro come un annaffiatoio introverso. O uno che si rifiuta di bagnare le piante!
My goal is to deconstruct the invisible design language of simple everyday objects and tweak their fundamental properties in order to surprise you and make you laugh. But also to help you appreciate the complexity and depth of interactions with the simplest of objects around us.
Il mio scopo è di decostruire il linguaggio invisibile del design di oggetti semplici e quotidiani e di ritoccare le loro proprietà fondamentali con il fine di sorprendervi e farvi ridere. Ma anche per aiutarvi ad apprezzare la complessità e la profondità delle interazioni con i più semplici oggetti che ci circondano.