Di Sarah Maria Daniela Ortenzio
Il post sulla pagina Facebook di Bianca Pitzorno del mese scorso è diventato in breve tempo virale, riportando in auge la in realtà mai sopita diatriba sulla fantomatica teoria del gender e sui supposti tentativi della Buona Scuola di omosessualizzare i giovani rampolli italiani, strappandoli così alla binaria e tradizionale morale cattolica. Sotto accusa, oggi (anche se la notizia risale al 2016), non ci sono i famosi 49 libri, rei di confondere le menti dei più piccoli e di indurli all’aberrante pratica del rispetto nei confronti delle specificità di ogni individuo, a prescindere dalla sua identità sessuale. Oggi il dito viene puntato contro Ascolta il mio cuore, considerato in un certo senso il capolavoro della nota scrittrice.
Aprendo il link indicato dall’autrice e scorrendo l’articolo di Osservatorio Gender, si arriva ben presto a uno dei passi incriminati (il solo che il testo riporti, a dire il vero; gli altri sarebbero stati omessi in ossequio al ”canonico limite”):
“E poi le donne a fare i toreri non ce le vogliono” – aggiungeva Gabriele dispettoso.
“Bè vuol dire che cambierò sesso” – pensava Prisca.
Elisa le aveva mostrato, su una rivista medica dello zio Leopoldo, la foto di un camionista svedese che si era fatto fare un’operazione ed era diventato una bellissima ragazza.
“Se fossi maschio potrei anche fare il mozzo su una nave mercantile e andarmene in giro per il mondo” – pensava Prisca.
(…) “Va bé, vuol dire che prima mi sposerò e avrò i miei diciassette bambini, e solo dopo cambierò sesso e farò il torero”. Era un pensiero consolante avere quella doppia possibilità grazie al progresso della scienza.
Ciò che emerge dal brano, in realtà, non c’entra affatto con la disforia di genere. Prisca è semplicemente frustrata a causa della stretta veste di Donna che la società italiana degli anni ’50 vuole cucirle addosso, perché le impedisce di realizzare i suoi sogni, sogni che soltanto un ragazzo potrebbe far propri. Da qui, la drastica soluzione: se la società mi proibisce di agire, allora cambierò il mio sesso; agli occhi innocenti della bambina essere di sesso maschile equivale a possedere una sorta di lasciapassare, un biglietto da obliterare per poter fare ciò che si vuole ed essere se stessi. Il mistero dell’identità per lei non è qualcosa legato al corpo e alle sue caratteristiche fisiche; piuttosto è ciò che si fa nel mondo.
Non solo: il proposito di Prisca non sembra essere un’idea balzana partorita da un personaggio eversivo e fuori dal comune, ma trova riscontro nella lucida e tagliente opera di Simone De Beauvoir, Il secondo sesso, edito per la prima volta nel 1949. Sono infatti riportati i risultati di varie inchieste dell’epoca che hanno rilevato che un’alta percentuale di ragazze (oltre il 75%) avrebbe voluto cambiare sesso, e che, dal canto loro, i ragazzi “tutto vorrebbero al mondo tranne essere delle femmine“. Tra i motivi, “i giochi dei maschi sono più divertenti… Gli abiti non gli danno noia” (Cfr. De Beauvoir, p. 294). La celebre filosofa nota anche come nelle fanciulle l’impulso all’azione e alla vita sia soffocato proprio dall’atto di relegarle a una condizione di perenne inferiorità, poiché il loro futuro e le loro aspettative sono modellate a partire dal loro sesso.
Studiosi ed esperti di psicologia hanno da tempo evidenziato che non esiste alcuna teoria del gender, e che le attività educative promosse dalla Buona Scuola hanno l’obiettivo di fare in modo che non ci siano più Prische che si sentano soffocate da costumi sociali repressivi. Ciò che è l’individuo non può essere circoscritto dal suo sesso e non può essere distrutto da chi non accetta il diverso da sé.
Dello stesso avviso invece non è la famiglia di Carpi: preoccupata che il pargolo potesse scoprire nuovi orizzonti e arricchire la propria percezione del mondo grazie a un bel libro per ragazzi, ha chiesto alla dirigenza scolastica che il volume fosse sequestrato dalla biblioteca e non fosse mai più proposto come lettura.
L’articolo dell’Osservatorio conclude tirando amaramente le fila della vicenda:
se a tuo figlio vogliamo insegnare il gender a scuola tu devi tacere. O se anche hai intenzione di parlare devi sapere che non ti ascolterà nessuno, che del tuo consenso informativo con diffida non ce ne frega nulla, e che sei l’unico pazzo fermo alla concezione di maschio e femmina come unica cosa possibile salvo denaturalizzare la società.
La cosa ironica è che il tentativo di censura promosso dalla famiglia (e fallito) venga difeso dall’articolista accusando la società denaturalizzata di fare proprio della censura. Proibire i libri e sequestrarli è sintomo di una civiltà repressiva, che, almeno in occidente, è stata bandita dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Perché dunque utilizzare quel barbaro metodo contro i propri figli impedendo loro di scoprire l’altro da sé e soprattutto di comprendere che sono liberi di essere qualunque cosa loro vogliano essere?
B. Pitzorno, Ascolta il mio cuore, Mondadori, 1991 S. De Beauvoir, Il secondo sesso, Saggiatore, 1961 AIP: Associazione Italiana di Psicologia