Dal 13 al 29 marzo il Piccolo Teatro Strehler di Milano ospita Medea di Euripide, con la regia del grande Luca Ronconi ripresa da Daniele Salvo. È singolare che, a tre anni dalla morte di Ronconi, i suoi spettacoli vengano ancora proposti in teatro, significa che la sua memoria è viva e il pubblico desidera ancora riflettere sulle sue opere.
Medea, dopo aver aiutato Giasone nella conquista del vello d’oro, lascia la sua terra natia per partire con lui e lo sposa a Corinto. Dieci anni dopo l’eroe decide di ripudiare la moglie e sposare una vera principessa per garantire, a suo dire, un futuro migliore ai figli che ha avuto con Medea. La sua scelta però scatena l’ira della donna e la sua terribile vendetta nei confronti dei propri figli e della nuova sposa: Medea uccide la donna con una veste stregata e assassina i bambini.
La protagonista è interpretata da un uomo: l’attore, in tacchi, vestito lungo e movenze ora femminili ora grottesche, interpreta magistralmente il complesso ruolo assegnatogli. Ogni interpretazione è legittima, tuttavia agli occhi di uno spettatore moderno Medea è una donna a tutti gli effetti e la scelta di Ronconi sembra incomprensibile, nonostante in un’intervista il regista abbia spiegato che in origine Medea appariva come dotata di tratti maschili. Giasone, a differenza della sposa straniera, incarna lo stereotipo dell’oratore greco che sostiene le proprie tesi con elaborate argomentazioni, interpretate con sarcasmo e tono saccente.
Il coro è rappresentato dalle ancelle di Medea, ma si tratta di qualcosa di peculiare, anziché recitare all’unisono le donne si completano, infatti, le frasi a vicenda o cantano singolarmente i versi assegnati come se fossero delle “canzonette” di musica leggera. Si tratta di una scelta originale e innovativa, che rende lo spettacolo più appetibile per un pubblico contemporaneo. Il canto riveste un ruolo molto importante anche per il personaggio della nutrice, che mediante una cantilena manifesta la propria sofferenza per le disgrazie di Medea.
A differenza di molte altre rappresentazioni di Ronconi, la recitazione è realistica e mira ad emozionare lo spettatore, sebbene i personaggi e la scenografia siano surreali, simbolici e sembrino provenire da un ambiente privo di connotazione storica e temporale, che poco ha in comune con la Corinto immaginata da Euripide.
La scenografia è semplice ma efficace: alcune poltroncine di un cinema o di un teatro, un pianoforte, un letto e dei bauli, spostati sul palcoscenico dagli attori nel corso della rappresentazione. Sullo sfondo sono appesi degli schermi che trasmettono delle immagini suggestive mentre a lato una scala a chiocciola consente l’ingresso in scena degli attori. Il carro alato che sostiene Medea dopo gli omicidi è una struttura bianca indefinibile, retta da un braccio metallico mobile. I costumi sono moderni, fatta eccezione per quello indossato dalla nutrice.
Lo spettacolo affronta numerose tematiche attuali ancora oggi. Innanzitutto, Medea può essere considerata un’antenata delle femministe poiché combatte le angherie subite in quanto donna, inoltre si trattano i sentimenti contrastanti che una donna prova nei confronti del marito e dei figli. Viene analizzato il rapporto tra il cittadino, rappresentato dallo scaltro ma crudele Giasone, e lo straniero, incarnato da una Medea che risulta affascinante nonostante difficilmente un cittadino greco si sia immedesimato in lei in passato. Compare il tema della magia, associato ad un personaggio femminile come se, anche prima della nascita delle figure delle streghe, le donne ribelli fossero collegate alla magia e ai veleni.
Lo spettacolo si conclude con il trionfo di Medea, vittima e carnefice, spietata ma dotata di sentimenti, folle vendicatrice e contemporaneamente fredda calcolatrice. Il suo personaggio induce a riflettere sul ruolo della donna nella società e nella famiglia, lo spettatore fatica a scegliere se difenderla o condannarla; quel che è certo è che la figura di Medea sopravvive attraverso i millenni.