Pochi giorni fa si è spento all’età di 76 anni Stephen Hawking, punto di riferimento assoluto del panorama scientifico internazionale e icona pop nella cultura di massa. Costretto su una carrozzina sin dagli anni ’80 a causa dell’atrofia muscolare progressiva che gli fu diagnosticata all’età di 13 anni, rimase sempre positivo nei confronti della vita tanto da diventare uno dei migliori esempi di resilienza. Una mente brillante e dotata di un grande senso dell’umorismo racchiusa in un corpo condannato al decadimento.
Le principali ricerche scientifiche
La prima grande scoperta di Stephen Hawking riguardò l’origine dell’universo. Egli paragonò il Big Bang ad una sorta di buco nero al contrario. Un punto infinitamente piccolo da cui la materia sarebbe stata “rigurgitata”. A tal proposito nel 1970 pubblicò, insieme a Roger Penrose, uno studio che dimostrava (dal punto di vista teorico) che l’universo è nato da una singolarità, ovvero da una regione di curvatura infinita dello spazio tempo.
Successivamente, nel 1974, riuscì a dimostrare che dal punto di vista termodinamico i buchi neri sono dei corpi neri che ubbidendo alle leggi della termodinamica possiedono una temperatura e un’entropia definite dal loro campo gravitazionale e dalla loro superficie. Nasce quindi il concetto di radiazione di Hawking, che prevede l’emissione di particelle subatomiche grazie ad un fenomeno quantistico e che dovrebbe portare alla progressiva diminuzione della massa dei buchi neri fino alla cosiddetta “evaporazione” dopo svariati milioni di anni.
Icona pop, comunicatore e divulgatore
La notorietà di Stephen Hawking non è però attribuibile esclusivamente alle sue ricerche che spesso sono complesse e conosciute a fondo solo da chi si occupa di cosmologia. Il motivo della sua notorietà nell’immaginario collettivo è da ricercarsi più che altro nell’accoglimento dell’eredità comunicativa di Albert Einstein. L’incarnazione dello stereotipo narrativo dello scienziato bizzarro e quasi fantascientifico che agisce a fin di bene e che non si prende troppo sul serio. Nel 1993 fece un’apparizione in un episodio della sesta stagione di Star Treck e appena un anno dopo prestò la sua voce computerizzata al brano Keep Talking dei Pink Floyd. Negli anni successivi è apparso frequentemente ne I simpson e in 5 episodi della sitcom The Big Bang Theory. Molto apprezzata è stata anche la sua attività divulgativa come dimostrato dalle oltre dieci milioni di copie vendute del libro intitolato Dal Big Bang ai buchi neri. Breve storia del tempo.
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