Virtual Reality Porn: la distruzione dell’identità

Oggi la realtà virtuale (virtual reality, VR) non è più un sogno lontano, un progetto tenuto nel cassetto delle menti più visionarie, ma è diventata un’affascinante e problematica novità, sviluppandosi in vari campi, come il turismo, i videogiochi e, naturalmente, il mondo del porno. Immaginare una dimensione parallela leggendo un libro o guardando un film non basta più; emerge sempre più prepotentemente l’esigenza di esperire in prima persona una realtà altra, possibile e diversa ma ontologicamente falsa.

Nella pratica, si tratta semplicemente di acquistare un pratico caschetto, collegarsi alla rete e, nel caso si voglia rendere l’avvenimento ancora più memorabile, munirsi di un pratico ‘masturbatore maschile‘ che riproduce la consistenza e le contrazioni tipiche della vagina. Subito si è proiettati in un mondo a 180 gradi, in cui il proprio corpo non ha le quotidiane imperfezioni di cui ci si vergogna e che si cerca disperatamente di camuffare sotto gli indumenti; al contrario, la nuova veste risulta essere quella levigata e scolpita di un porno attore.

In questo modo il fruitore (occorre dirlo, per ora quasi esclusivamente maschio ed eteronormativo) non è più un semplice spettatore di scene di sesso – nella maggioranza dei casi palesemente poco plausibili – ma diventa il soggetto stesso dell’esperienza. L’unico difetto? Senz’altro quello di non essere reale, per quanto dal punto di vista fenomenologico si presti a corrispondere a tutti i criteri. Ma non c’è soltanto il rischio di isolarsi dal mondo reale per una dimensione più attraente e parimenti verosimile. E nemmeno quello di confondere virtuale ed effettuale, o di annientare le proprie capacità di empatia, che possono provenire soltanto dalla relazione intersoggettiva. Il pericolo maggiore, secondo i filosofi, è quello della sotterranea e impalpabile manipolazione della mente.

Infatti, accedendo ai meccanismi della VR, e attuando così un vero e proprio inganno nei confronti del corpo e del cervello, il rischio è quello di perdere la capacità di riconoscersi nello strumento che ci permette di stare al mondo, di smarrire il senso dell’involucro che ospita la nostra mente e che ci consente di affondare in quella altrui. Senza una normativa etica che limiti le possibilità dei governi di deformare l’autocoscienza e l’autodeterminazione individuale si rischia di perdere rovinosamente il fondamento della propria identità, che consiste appunto nel percepirsi in un corpo, il proprio, e nell’osservare un ambiente circostante reale perché scevro di costruzioni elaborate da raffinatissime tecnologie.

Nel campo del sesso, l’avvento della VR si pone certamente come novità elettrizzante, che esercita un fascino pregnante proprio perché consente al fruitore di uscire da se stesso per diventare qualcun altro, più atletico e accattivante, e di relazionarsi con figurine – le porno attrici – che non hanno alcuna autonomia individuale e soggiacciono pacificamente ad aspettative preconfezionate. Tuttavia la base fondante dell’incorporamento del soggetto nella realtà parte dal presupposto che l’individuo si relazioni con un altro soggetto, poiché è solamente l’alterità a garantire il riconoscimento, e dunque un posto nel mondo.

Il sesso è forse l’esperienza umana in cui tale riconoscimento avviene in maniera più essenziale e determinante, perché, più di tutte le altre, si struttura sulle sensazioni corporee: esse sono i primi e immediati strumenti che l’individuo possiede per sapere che esiste; la prova del suo esserci è la carne che lo contiene e la stessa coscienza si nutre fin dalla nascita del contatto dell’altro. Ma quando l’alterità è un ologramma evanescente, quando la sua voce e i suoi movimenti sono preregistrati, quando lo stesso corpo che accarezza, morde e stringe gli oggetti non è il proprio, l’essere umano riesce ad esserci e a riconoscersi?

Non vi è ipseità senza alterità e non può esserci alcuno scambio proficuo senza un soggetto differente che risponda alla nostra esistenza. Come può avvenire l’evoluzione del sé quando l’interazione si riduce a una spersonalizzante e autoreferenziale immersione in corpi fatti su misura e senza coscienza?

 


Fonti:

A. Honneth, La lotta per il riconoscimento, Saggiatore, 2002

Digital Spy1

Digital Spy2

The Sun

Pensiero Critico

 

Crediti immagini:

Copertina: Henri de Toulouse-Lautrec, A letto, il bacio, 1892

Immagine 1

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.