La strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni. Così almeno vuole il noto adagio. Solo che, se le cose stessero davvero in questo modo, una frase del tipo “scusa, non l’ho fatto apposta” perderebbe di senso. Se non del tutto, almeno in parte. E questo è un problema, perché ricorriamo di continuo a frasi simili.
Per Pietro Abelardo (1079-1142) però le cose stanno diversamente. Innanzitutto l’inferno non è un luogo fisico, ma una condizione dell’anima. È la consapevolezza di aver peccato di fronte a Dio. Nient’altro. La giusta punizione per aver commesso un’azione ingiusta consiste semplicemente nel sentirsi ingiusti, in questa vita come nell’altra. Dio perlomeno sembrerebbe accontentarsi di questo. Fiamme, forconi e zolfo sono tutti interiori.
Ma soprattutto per Abelardo il noto adagio si sbaglia. E di grosso anche. Per giudicare un’azione dal punto di vista morale tutto ciò che conta agli occhi di Dio è l’intenzione. Non contano le conseguenze concrete, non conta l’utilità, non contano fattori come piacere/felicità. Solo l’intenzione.
Immaginate di camminare sonnacchiosi per la banchina della metropolitana. Ad un certo punto il pavimento vi tradisce. Quindi inciampate e cadendo urtate un’ignara ragazza, la quale cade a sua volta, andando a finire proprio sotto al treno che in quel momento passa a tutta velocità.
Ora, qual è il vostro giudizio morale? Siete innocenti o colpevoli? Una volta tanto, secondo Abelardo, Dio dovrebbe essere d’accordo con voi: innocenti! C’è un bella differenza tra voi, sventurati e sonnacchiosi, e lo spietato e determinatissimo Frank Underwood del video qui sotto (attenzione, House of Cards spoiler).
Bene, a quanto pare questa differenza dovrebbe garantirvi di scampare alle fiamme dell’inferno. Almeno per il momento.
FONTI
Pietro Abelardo, Etica o conosci te stesso, Mondadori, Milano 2010
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