Dante a teatro: la bellezza femminile nella Commedia

Il Teatro del Buratto, Milano, ha portato in scena, dal 27 Febbraio al 3 Marzo, uno spettacolo incentrato sulla figura storico-poetica di Dante Alighieri, parte del progetto “Dante a Teatro”, inaugurato nel 2010 in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano. “Dante a Teatro. La bellezza ch’io vidi”, evento di teatralizzazione del patrimonio letterario italiano, è uno studio della parola dantesca che si sviluppa in una commistione di arti, quali narrazione, cinema, musica, pittura, lettura di canti. Il percorso scelto è quello della bellezza, incentrata sulla figura della donna. Lo spettacolo è suddiviso in quattro quadri, ciascuno dedicato ad un personaggio differente.

La prima figura femminile analizzata è quella di Francesca, protagonista del V canto dell’Inferno. Francesca, o “la bellezza della passione”, allegoria dell’amore terreno, donna passionale, compassionevole, non sembra punita troppo crudelmente da Dante. La condanna infernale, infatti, la costringe a un eterno legame con Paolo, il suo amante; la passione che li ha avvolti in vita è essa stessa la punizione che devono patire in morte. Dante vede in Francesca l’amore mortale, fragile, travolgente e assolutamente potente, indomabile. Tralasciando le molteplici funzioni poetiche e teoriche che complicano il personaggio, lo spettacolo ha analizzato il tema amoroso che, seppur non univoco, è determinante nell’economia del canto.

I’ cominciai: «Poeta, volontieri
parlerei a quei due che ’nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggeri».

Ed elli a me: «Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno».

Il secondo quadro è dedicato a Matelda, alla “bellezza in movimento”. Nel canto XXVIII, Purgatorio Dante, giunto ormai nel Paradiso Terrestre, incontra, accanto ad una natura idilliaca, una donna che danza, bellissima nelle sue vesti. La bellezza di Matelda non può essere altro che purezza, naturalezza: è colei che guida le anime, attraverso i due fiumi, alla purificazione definitiva. La critica, nonostante le controverse questioni di identificazione storica, conviene nell’individuare in Matelda l’allegoria della felicità naturale, quella percepita dall’uomo nell’Eden, prima del compimento del peccato originale e, successivamente, riservato alle anime monde. Non esiste passione in Matelda: Dante, nel momento dell’incontro, ha ormai attraversato la muraglia di fuoco dei lussuriosi ed è pronto per l’ascesa al Cielo.

Coi piè ristretti e con li occhi passai
di là dal fiumicello, per mirare
la gran variazion d’i freschi mai;

e là m’apparve, sì com’elli appare
subitamente cosa che disvia
per maraviglia tutto altro pensare,

una donna soletta che si gia
e cantando e scegliendo fior da fiore
ond’era pinta tutta la sua via.

Beatrice, la “bellezza della compagna”, il personaggio femminile più discusso della Commedia, è una delle guide di Dante, accompagnatrice dal Paradiso Terrestre all’Empireo, prima di S.Bernardo. Beatrice è la compagna di vita di Dante, una donna che conduce il Poeta ai confini della conoscenza dottrinale teologica. Sin dalla Vita Nova, Dante caratterizza il personaggio di Beatrice in un’ottica divinizzante. Minimizzante sarebbe qualunque tentativo di spiegare in modo esaustivo il valore della donna; solo le parole del Poeta possono rendere grazie a una figura così individualizzata e personalizzata, ma altrettanto universalmente concepita.

«O donna in cui la mia speranza vige,
e che soffristi per la mia salute
in inferno lasciar le tue vestige,

di tante cose quant’i’ ho vedute,
dal tuo podere e da la tua bontate
riconosco la grazia e la virtute.

Tu m’hai di servo tratto a libertate
per tutte quelle vie, per tutt’i modi
che di ciò fare avei la potestate.

La tua magnificenza in me custodi,
sì che l’anima mia, che fatt’hai sana,
piacente a te dal corpo si disnodi».

L’ultima figura analizzata è quella di Maria, la Vergine. Maria viene rappresentata in apertura del canto XXXIII, Paradiso, l’ultimo canto della Commedia. La bellezza di Maria non può che essere sacra, intangibile, ineffabile. S.Bernardo chiede alla Vergine di intercedere per Dante, così che possa comprendere Dio. Maria, la madre, è l’ultimo personaggio, al di fuori della guida, che Dante rappresenta in modo chiaro: le tre visioni di Dio, successivamente, non possono essere concepite razionalmente; riguardano, infatti, la filosofia mistica. L’intercessione di Maria è quindi il mezzo per la trascendenza di Dante e il termine ultimo per la conclusione del viaggio.

«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,

tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.

 


 

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