Dal 20 febbraio al 4 marzo è andato in scena presso il Teatro Carcano di Milano Dieci piccoli indiani … e non rimase nessuno! di Agatha Christie, regia di Ricard Reguant. Si tratta della sceneggiatura teatrale del capolavoro della regina del giallo, uno dei libri più venduti al mondo.
Come tutti sanno, è la storia di dieci uomini riuniti su una lussuosa isola. Ciascuno di loro ha commesso un delitto, ma nessuno è perseguibile. Ad uno ad uno gli ospiti dell’isola iniziano a morire nelle circostanze descritte da una filastrocca e l’assassino è uno di loro. Come rivela il titolo, nessuno resterà vivo. Nella sceneggiatura teatrale originaria – curata da Agatha Christie- Vera e Lombard si salvano perché innocenti, ma il Teatro Carcano non ha avuto pietà: infatti ha scelto il finale del romanzo.
E’ stata rispettata la traccia del romanzo nonostante qualche innocua revisione. Siccome l’intera storia doveva andare in scena nello spazio ristretto del palcoscenico, hanno ambientato l’intera azione nel salotto. Alcuni omicidi si sono svolti dietro le quinte per l’impossibilità di metterli in scena o per dare l’impressione che lo spazio dell’azione coincidesse con quello dell’intera villa.
La poesia dei dieci negretti, tradotti con “soldatini” – forse per evitare riferimenti razzisti – è stata scritta su una colonna, sopra le famose statuine. Nel corso della rappresentazione veniva illuminata la strofa corrispondente all’omicidio in atto ed erano oscurate le parti relative ai delitti già compiuti.
Lo spettacolo dura più di due ore, ma lo spettatore non se ne accorge: è completamente immerso nella ricerca del colpevole, che diventa un’ossessione. L’inizio dell’opera è lento, vengono presentati tutti i personaggi, ma il ritmo diventa presto incalzante. Un limite della messa in scena in teatro è la difficoltà da parte del pubblico di immagazzinare le informazioni attraverso le veloci parole dei personaggi: inevitabilmente si perde qualcosa rispetto alla lettura del romanzo.
E’ difficile spaventare il pubblico di un teatro, eppure Reguant ci riesce: il masso a forma di orso che uccide Blore precipita inaspettatamente dal soffitto terrorizzando persino coloro che avevano letto il libro. Le tempistiche sono fondamentali: i momenti di maggiore tensione sono alleggeriti da altri più distesi e persino comici, con l’inserimento di battute assenti nel romanzo.
La vicenda mostra un affresco della società inglese degli anni Trenta, con nobili, borghesi e servitori. Ciascun personaggio è lo stereotipo di una categoria – infatti abbiamo il vecchio generale, il giovane scapestrato, il poliziotto, la bambinaia femme fatale, la zitella acida, il giudice inflessibile. I costumi, che mutano più volte, sono essenziali nella caratterizzazione dei personaggi e sono molto eleganti.
Rispetto agli altri romanzi di Agatha Christie, in cui un detective ripristina l’ordine sociale come un deus ex machina svelando il colpevole, nessuno riveste tale ruolo salvifico. Si crea così un’atmosfera di tensione e di angoscia che non si allenta nemmeno alla conclusione della storia.
Non si svela come i delitti siano stati commessi e, inoltre, non si svolgono indagini. La rappresentazione è riuscita, ma è un peccato che si sia stato sacrificato l’aspetto investigativo, così essenziale nella vicenda.