Nel 1976 il Premio Strega viene assegnato per la quinta volta ad una donna (ed accadrà solo altre cinque volte che arriveranno al primo posto delle autrici, per un totale di dieci donne premiate in settant’anni di storia dello Strega) per il romanzo Le quattro ragazze Wieselberger. Il quinto nome femminile nel prestigioso albo è quello di Fausta Cialente, nata nel 1898 a Cagliari ma che durante la sua vita ha girovagato per diverse città, tra le più rilevanti ci sono Trieste, dove ha trascorso la sua infanzia e che diventa lo sfondo proprio di Le quattro ragazze Wieselberger e Alessandria d’Egitto, dove ha passato gli anni del fascismo e della guerra e da dove ha iniziato la sua attività antifascista con Radio Cairo e, in seguito, la carriera di giornalista.
Nonostante il premio, Fausta Cialente è stata ormai completamente dimenticata, probabilmente per il fatto che la sua produzione si è concentrata nel primo dopoguerra per poi arrestarsi fino agli anni Sessanta oppure a causa del suo ritiro negli ultimi vent’anni della sua vita che ha sempre cercato di mantenere privata. Perché, allora, volerla riscoprire?
Quest’autrice può rivelarsi, ancora oggi, fortemente attuale per i temi trattati nei suoi romanzi, come ad esempio quello d’esordio del 1930, intitolato Natalia, che racconta l’amore omosessuale tra due donne oppure Un inverno freddissimo, pubblicato nel 1966 e dove vengono raccontate le difficoltà del dopoguerra a Milano soprattutto per le fasce meno abbienti della popolazione. Questa attenzione ai più deboli viene messa in evidenza anche nella raccolta di racconti I bambini, in cui la Cialente diventa portavoce delle difficoltà dell’infanzia.
A contribuire all’interesse che si può trovare in questa autrice c’è la sua focalizzazione femminile che traspare in tutte le sue opere e che va intesa come attenzione alla psicologia dei personaggi e autenticità di fronte alle emozioni in quella che si può definire la scrittura di una femminista ante litteram.