“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre.”
L’attribuzione di questa frase è ostica. Non importa. Esiste e basta questo. Rimane uno degli inviti più belli: se devi fidarti di qualcosa, se devi credere in qualcosa, quella è l’Arte, quella è la Bellezza.
Call me by your name (2017) è il nuovo film di Luca Guadagnino, ispirato all’omonimo romanzo, del 2007. Questo di Andrè Aciman.
Non seguirà una celebrazione del film; non diremo delle sue quattro candidature agli Oscar e nemmeno delle due ai Golden Globes. Non pronunceremo alcuna apologia, non già perché sarebbe immeritata, tutt’altro, ma stavolta vogliamo parlare di Marzia. Lo merita.
Molto brevemente: il diciassettenne Elio e la sua famiglia dell’alta borghesia si trovano in una campagna, idilliaca e non ben identificata (qualità cara alle cose belle), del nord italia. Il papà è un professore universitario e ogni anno ospita uno studente straniero per la sua tesi di dottorato. È il turno di Oliver, un ventiquattrenne americano, che conquista tutti con la sua bellezza (e non stentiamo a crederlo) e simpatia. Nasce tra Elio e Oliver una importante storia d’amore, fatta di piedi che si sovrappongono e si intrecciano, di luci lontane, di sentimenti mitici.
I baci di Elio e Oliver non sono gli unici e soprattutto non sono i primi della pellicola. Prima di essere sicuro che l’attrazione per Oliver è ricambiata, Elio ha una breve relazione con Marzia.
Tra i due ci sono dei baci, c’è una dolcissima prima volta. Ci sono degli incontri notturni e dei bagni nudi in un lago. In poche parole, c’è una ragazza che è molto presa da un ragazzo, come solo un’adolescente in una notte d’estate di una campagna di un nord può esserlo. C’è tutta la giovinezza con la sua insicurezza, ci sono le perplessità di questi ripetuti articoli indeterminativi.
C’è Marzia innamorata di Elio e Elio innamorato di Oliver.
Ma poi, c’è Marzia che capisce. Capisce e perdona Elio (che nel frattempo è tornato a tutta quella serie di cose indeterminate, a bagni, baci, parole, laghi, ma in compagnia di Oliver…).
Marzia capisce l’omosessualità di Elio e semplicemente lo abbraccia. Lo fa dopo aver letto le poesie di Antonia Pozzi, che Elio stesso, all’inizio del film, le ha regalato.
Può essere un caso, ma vogliamo pensare che non lo sia. Vogliamo pensare che la poesia possa essere questa cosa qui: la comprensione. E poi l’educazione, il rispetto, l’altro lato della medaglia, l’abbraccio di Marzia a Elio, il nonostante tutto di questa storia. L’anello di sopra che regge quello di sotto. La catena del bene. Uno schiaffo trasformato in carezza.
Vogliamo pensare che una poesia possa far andare diversamente la vita non solo di chi l’ha scritta. Che abbia qualcosa da spartire con la nobiltà, la stessa origine.
Lasciamo finire Antonia Pozzi, che parla un po’ per Marzia, un po’ per noi, forse. La scelta del titolo non è casuale, la poesia non lo è quasi mai. E io mi fido delle cose non casuali, ma causali.
Bellezza
Ti do me stessa,
le mie notti insonni,
i lunghi sorsi
di cielo e stelle – bevuti
sulle montagne,
la brezza dei mari percorsi
verso albe remote.
Ti do me stessa,
il sole vergine dei miei mattini
su favolose rive
tra superstiti colonne
e ulivi e spighe.
Ti do me stessa,
i meriggi
sul ciglio delle cascate,
i tramonti
ai piedi delle statue, sulle colline,
fra tronchi di cipressi animati
di nidi –
E tu accogli la mia meraviglia
di creatura,
il mio tremito di stelo
vivo nel cerchio
degli orizzonti,
piegato al vento
limpido – della bellezza:
e tu lascia ch’io guardi questi occhi
che Dio ti ha dati,
così densi di cielo –
profondi come secoli di luce
inabissati al di là
delle vette –
(4 dicembre 1934, Antonia Pozzi)
FONTI
Fonte 1: Call me by your name, Luca Guadagnino, 2017
Fonte 2: Bellezza, Antonia Pozzi, 1934
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